Loro Ciuffenna: Pieravilla, le antiche   pietre scolpite a rilievo esistenti nella borgata (Incisioni sconosciute, Sole della Vita, Mamme o Mammelle longobarde)

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Testo e foto di Vannetto Vannini

Modine è una frazione del comune di Loro Ciuffenna a m 645 di quota ed è   un paese composto a quote altimetriche diverse da gruppi abitativi sparsi come Pieravilla, le Case, Poggiolo, la Rota e Modine. Questa dispersione a gruppi di case nel territorio, viene spiegata da Don Basilio Fabbri ultimo parroco di quel paese, nel suo libro “Loro Ciuffenna e il Pratomagno” edito nel 1996 “…con la fame di terra dei suoi primi abitanti che costruirono le loro abitazioni nelle zone rocciose per avere a disposizione la maggiore estensione coltivabile possibile”. Pieravilla è la borgata abitata a quota inferiore e raggiunta da una strada carrozzabile propria con cartello stradale indicatore, il toponimo si pensa derivi dal nome Piero o Piera di un abitante, forse il più facoltoso, e da villa sinonimo di casa/abitazione. Pieravilla (foto) essendo stata sempre una borgata e mai un” popolo”, non viene riportata nel “Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana” del Repetti, nel volume “Notizie storiche del comune di Loro Ciuffenna “di Giovanni Manneschi, né in qualsiasi altra pubblicazione che parla del Pratomagno.

Durante una bella escursione infrasettimanale ad anello con partenza e ritorno dalla chiesa di Modine, che ci aveva visto percorrere l’antica viabilità medievale nel borro del Rigodi e del versante del Monte Cocollo fra castagneti e vecchi seccatoi abbandonati, abbiamo percorso l’ultimo tratto attraversando Pieravilla. Con l’occhio attento ai minimi particolari offerti dal paesaggio e scrutando per abitudine   le pareti di sasso delle vecchie case, oltre ad alcune date incise, sono state intraviste delle pietre che riportano interessanti sculture a rilievo aventi una propria simbologia e sicuramente meritano qualche attenzione e un articolo su Terre Alte del sito www.caivaldarnosuperiore. Queste sculture, eccetto una che si trova in una proprietà privata, sono ben visibili e abbiamo saputo che, a memoria d’uomo, vi sono sempre state, forse anche da tanti secoli, ma portate ora a conoscenza di tutti perché viste da una comitiva di appassionati di montagna come sono i soci CAI, che camminano non solo per il gusto fisico di camminare, ma anche per quello di conoscere il territorio.

La simbologia è una materia difficile e vuole studio e conoscenza perché un simbolo, sia esso pitturato, inciso, scolpito ecc.  si porta dietro un significato, in quanto allude a qualcosa che va al di là della pura forma esteriore ed è collegato a pensieri e concetti. Questo post si rivolge a tutti gli appassionati di questa materia, soprattutto a coloro che hanno competenza e capacità per dare una interpretazione a queste sculture, interpretazione che potrebbe anche contribuire a far capire meglio la storia del nostro Pratomagno.

Nel frattempo qualche ipotesi può essere avanzata, però prima di entrare nel campo delle    interpretazioni di queste sculture in rilievo, penso che si debbano introdurre alcune considerazioni sul contesto territoriale di Modine, che con le altre borgate ha fatto parte della parrocchia di San Niccolò al Cocollo, poi di Santa Maria a Querceto e dal 1641 eretta a parrocchia autonoma con la chiesa sempre dedicata a San Jacopo. Sul Cocollo vi sono ancora oggi i resti del paese fortificato che ebbe una storia in quanto parrocchia e poi comune fino al 1784, vi era una fonte antica, distrutta dalla via di servizio del metanodotto algerino, dove è stata trovata una statuetta votiva etrusca in terracotta   per il culto delle acque, tante leggende che si tramandano, un fabbricato chiamato Leconia (ora villa) sotto la vetta che era l’abitazione del giusdicente, però non sono mai stati effettuati scavi archeologici. Gli scavi archeologici, di cui ne abbiamo parlato sul pezzo di Terre Alte intitolato “Il Nodo di Salomone e la croce templare”, sono stati effettuati invece dall’Università di Firenze alla Rocca Ricciarda, frazione di Loro Ciuffenna e una volta castello nella stessa vallecola di Pieravilla/Modine e Gorgiti di cui ne controllava il transito verso la montagna e da e per il Casentino. Il paese di Rocca Ricciarda   dista meno di due ore di cammino da Pieravilla percorrendo l’antica viabilità medievale oggi sentiero CAI  37 e 21, o una vecchia mulattiera lungo il Ciuffenna, oppure oggi dieci minuti in macchina per la strada.

Tornando alle pietre di Pieravilla occorre fare delle considerazioni sulle stesse evidenziando la possibilità che siano “pietre di riporto”, collocate originariamente in un luogo   e    poi portate successivamente a Pieravilla per un ulteriore reimpiego.

La pietra grigia con la croce in rilievo, potrebbe indicare qualche edificio di pertinenza della Chiesa, oppure murata per devozione dagli abitanti della casa al posto di una più comune nicchia   contenente un’immagine sacra, la croce potrebbe indicare l’ubicazione di uno spedale per pellegrini o per le persone sole e malate del posto, ma nel libro a cura di Esther Diana dal titolo “Da ospizio a nosocomio. Storia della solidarietà valdarnese” edito nel 2000 dalle Edizioni Medicea, non viene riportato nessuno spedale a Modine. Questa può essere anche una pietra di riporto proveniente dai dintorni, sappiamo che a Modine   vi era una cappella /oratorio   già nel XII secolo dedicata a San Jacopo. Inoltre Don Basilio Fabbri, scrive nel suo libro citato ad inizio articolo che “in una pianta della diocesi di Arezzo del 1247, appartenente all’Archivio Vaticano si trova un convento a Modine; ve ne rimangono solo alcuni poveri ruderi e il nome che indica il luogo esatto dove si trovava”.  Le misure della croce stessa in cui i bracci hanno quasi la stessa lunghezza del tronco potrebbero significare qualcosa.

Interessante, nella stessa facciata  dell’abitazione  con murato il   sasso della  croce in rilievo, un portale  di un ingresso  formato da stipiti  di  arenaria  su cui poggia un’ architrave  sempre di pietra, che nel punto massimo della curva porta scolpito in rilievo una figura contenente in alto un sole,   e appena sotto un cuore da cui si staccano a destra e  a sinistra verso l’ alto  due bracci curvi  che terminano  con una figura  simile a  un boccio di fiore e  che circondano in parte   il sole . Inoltre nella parte sommitale si riconosce bene una lettera A che potrebbe far parte di una data, ora con caratteri erosi e illeggibili.   Si potrebbe avanzare l’ipotesi che tutta la scultura avesse un significato   di riferimento alla fertilità e fecondità, dovuto al cuore scaldato dal sole   da cui   nasce la vita, o dal cuore da cui nasce la vita scaldata poi dal sole.  

Molto interessante, sempre a Pieravilla è un architrave di una finestra dove sono scolpiti a rilievo due simboli, quello nel centro della soglia è una scultura la quale   potrebbe   simboleggiare un fiore che sboccia, però la parte interna alta che si eleva sopra alle foglie, potrebbe anche essere interpretata come una persona stilizzata che allarga le braccia e quindi simbolo della vita, mentre il rilievo a sinistra è chiaramente riconosciuto nella simbologia come il Fiore della Vita. Nella nostra zona vi sono altre incisioni del Fiore della Vita e si trovano nel famoso pulpito o ambone di Groppina, incisioni che il pievano di un tempo, Don Valente Moretti, nel suo opuscolo edito nel 2002 da Calosci – Cortona “Il pulpito di Gropina. Una splendida meditazione sulla vita di fede” chiama “Il Sole”.

Il Fiore della Vita è uno dei simboli più antichi, utilizzato in diverse epoche e rintracciabile in molte nazioni perché inciso in varie chiese e cattedrali medievali d’Italia e d’Europa dove ebbe la massima diffusione nel periodo dei Cavalieri Templari; addirittura rintracciamo il simbolo del “Fiore della Vita” in uno scudo di guerriero etrusco in una stele di Vetulonia risalente al VI secolo a.C. Il Fiore della Vita lo ritroviamo in diverse culture e civiltà in Mesopotamia, Egitto, India e nella cultura Celtica tanto che veniva chiamato anche con il termine “Rotella Celtica”. Interessante è un libro dello studioso Fabrizio Bartoli, edito dalle Edizioni Nisroch nel 2019 e intitolato “Il Fiore della Vita, un antico simbolo adottato dai Templari”.

L’altra grande incisione in rilievo presente a Pieravilla è scolpita su una bella pietra angolare in un muro, all’interno di una proprietà privata e quindi non facile da trovare. Si vede un sole (simbolo di calore, forza e quindi di vita), ma interessante è l’incisione a rilievo accanto al sole che sicuramente simboleggia una “mamma o mammella longobarda”, che è sempre stata ritenuta il simbolo della fecondità. La storia delle mamme o mammelle longobarde, che altro non sono che delle semisfere di pietra con o senza capezzolo, lisce o vestite, inizia nel periodo di dominazione di quel popolo germanico in Italia e si protrae poi per molti secoli.  Ne possiamo dedurre anche una funzione magica e apotropaica in quanto sappiamo che venivano messe nei muri delle case, delle chiese, delle stalle, addirittura sepolte presso le abitazioni per mantenere o ripristinare il latte perduto alle madri in fase di allattamento e anche alle greggi. Delle “mamme o mammelle longobarde” ne viene parlato nel volume di Duilio Citi “I racconti delle pietre, della calce, del ferro e del legno. Di paese in paese nella Liguria montana” edito da Cantagalli- Siena 2013. Leggendo si apprende che mammelle longobarde si trovano nel paese ligure di Borzone (Chiavari) dove esisteva un’antica abbazia fondata dal re longobardo Liutprando, nell’Appennino parmense, nella chiesa di San Michele a Sestino (AR), addirittura nella sala del Cenacolo a Gerusalemme.

La “mamma o mammella longobarda “di Pieravilla che credo sia l’unico esempio conosciuto nel nostro Valdarno, come possibile vedere nella foto è liscia e al posto del capezzolo ha un piccolo incavo, questo particolare è giustificato nel volume di Paolo Guidotti “La casa della montagna bolognese nella sua dimensione socio -politica” edito da Atesa, Bologna 1977.  Nel citato volume a pag. 47, parlando di queste sculture scolpite nei sassi di alcune abitazioni di quella montagna, si legge testualmente: “Non mancano semisfere-mammelle che al posto del capezzolo hanno una cavità, evidente rafforzamento simbolico della fecondità “.

Questo articolo di Terre Alte che può stimolare la fantasia e la cultura del territorio è per tutti, soprattutto per chi è competente di simbologia che è una materia ostica e difficile, un articolo che   si muove in linea con quel concetto che ha sempre contraddistinto la sezione CAI Valdarno Superiore, nell’evidenziare gli aspetti sconosciuti o poco conosciuti della nostra montagna.

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