Mele del Pratomagno (varietà Nesta e Francesca)

Loro Ciuffenna Terre Alte Valdarno

Fra i prodotti tipici della nostra montagna vi sono due qualità di mele che, soprattutto nei tempi passati, hanno avuto una grande importanza per l’economia e l’alimentazione: la Mela Nesta e la Mela Francesca aretina.

 La mela Nesta è una varietà antichissima conosciuta già al tempo dei romani  con il nome di “ mela Decio”, con  forma tondeggiante, schiacciata ai poli e originaria delle provincia di Arezzo e Firenze ed è presente lungo l’arco appenninico e preappenninico fin sopra  agli 800 m. di altitudine. Se coltivata ad altezze inferiori ai  400 m. di quota, l’albero cresce ma trova molte difficolta dopo l’allegagione a portare avanti i frutti .

Da quota 400 a 800 metri la pianta ha trovato l’habitat ideale  ed è servita anche per consolidare il terreno evitando frane ed erosioni e per sfruttare meglio i terreni di alta collina, spesso terrazzati, dove non era possibile seminare il grano e i legumi

Il frutto ha sempre rappresentato una risorsa  per  le popolazioni del Pratomagno e, da sempre, ha fatto parte dell’alimentazione povera in quanto, raccolta l’ultima settimana di Settembre e conservata in luogo asciutto , ne veniva e ancora oggi ne viene  fatto uso non prima di gennaio, fino a dopo pasqua e oltre. La possibilità di conservarla a lungo è ancora oggi una delle qualità più apprezzate.

Nei due versanti del Pratomagno  c’è ancora un piccolo commercio  di questo frutto e oggi  i produttori di mela Nesta sono circa sessanta, molti solo hobbisti. La produzione è calcolata in circa trecento quintali  destinati tutti al consumo locale. Alcune aziende  nel Casentino e nel Valdarno producono confetture    a base di questa   mela .

Un po’diversa è la mela Francesca che ha il grande pregio di non aver bisogno di  fitofarmaci  durante il proprio ciclo biologico in quanto la pianta è molto resistente alla ticchiolatura e il frutto al baco della carbocapsa, una mela che  pur avendo l’habitat ideale in montagna, può essere benissimo coltivata anche nelle zone pianeggianti.  Fino agli anni ’60 del secolo scorso la mela Francesca era  fra le  varietà più coltivate in Toscana e oggi è inserita nell’elenco dei prodotti tradizionali di questa regione. Nella nostra montagna  di  questa   mela ne sono rimasti pochissimi alberi e la cultivar ha rischiato quasi  l’ estinzione perché  è di difficile commercializzazione causa  il colore verde della buccia che la rende perdente rispetto ad una bella mela rossa o gialla, e per l’elevata asprezza appena raccolta.  Il melo  Francesca  è sempre stato  un pezzo forte nei vivai che commercializzano piantine di   frutti antichi (archeologia arborea) e   ultimamente c’è stata  però una riscoperta  di questa varietà.

 

 

La mela Francesca  è una mela di media pezzatura di colore verde chiaro con sfumature gialle e non presenta rugginosità. Al momento della raccolta, che avviene ad ottobre, la polpa della mela  è ancora dura, croccante, un po’ acidula e molto, molto  aspra quasi immangiabile. Come molte vecchie varietà, mantenuta in luogo fresco e areato si conserva benissimo fino all’estate perdendo con il tempo  tutta l’asprezza diventando dolce e profumata. È la mela che tanti contadini  tenevano “in serbo” sopra alle travi della cucina  della casa colonica e intorno alla cappa del focolare e insieme alla mela di San Giovanni era spesso presente come frutta al pranzo della  battitura del grano  nel mese di luglio (vecchi miei ricordi).

La mela Francesca, originaria della provincia di Arezzo, in particolare del Pratomagno sembra che debba il suo nome alla via Francigena o Francesca perché lungo questa arteria vi erano molte piante di questo frutto  allo stato spontaneo, poi selezionato diventando una varietà. Attualmente  è meno conosciuta e diffusa di quella Nesta ma è sempre una mela storica tanto da essere raffigurata  in alcune opere del pittore  Bartolomeo Bimbi ( 1648-1729) che lavorò alla corte di Cosimo III dei Medici, inoltre è riportata dal botanico italiano Giorgio Gallesio (1772-1839) nella sua principale opera  Pomona  italiana. Attualmente in tutto il Pratomagno vi sono solo quattro aziende che producono circa cinque quintali di questa mela, destinata solo al consumo locale.

Sia le mele Nesta che quelle Francesca  venivano e vengono mantenute distese su delle arelle a castello  appena dopo la  raccolta,  controllate durante l’inverno per eliminare quelle eventualmente  malate e  a primavera spruzzate periodicamente di acqua per evitare la disidratazione.

Queste due varietà di mele rappresentano per la nostra montagna del Pratomagno e per il nostro territorio un patrimonio autoctono  agroalimentare di alto pregio genetico, culturale e storico.

Nella foto in alto un cesto di mele Nesta, sotto a sinistra una foto di mele Francesca, a destra un vecchio melo Francesca in un coltivo abbandonato sul  Monte Cocollo .

Foto e testo di Vannetto Vannini

 

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