Campo d’Arme

Reggello Terre Alte Valdarno

Sul sentiero CAI 14 che da Reggello m.400, passando dalla vetta della Massa Nera m.1071 porta alla Croce al Cardeto m.1348, a quota 663m. lungo le pendici del Poggio Lezzetto si trova un fabbricato rurale chiamato Campo d’Arme, costituito da una colonica  e da un fienile.

   

La casa presenta  vari interventi costruttivi e, come è riportato a pag 59 del libro “Reggello, il territorio e la sua storia. Luoghi e percorsi medievali”  della Dott.ssa Valentina Cimarri edito nel 2003 da Lalli editore, meritano particolare attenzione due aperture oggi chiuse. Una può essere datata intorno al XIII secolo, l’altra più elegante intorno al XV secolo (foto sotto). Il toponimo Campo d’Arme, attestato dalla tradizione orale, è da collegarsi alla presenza di fucine di ferro per la fabbricazione delle armi.

Lo storico Davidsohn sostiene infatti che nella zona di Reggello, soprattutto lungo le pendici del monte dove si trova il fabbricato, fin dal XIII secolo venivano fabbricate armi per la repubblica di Firenze. La zona circostante all’edificio rurale, è interessata inoltre dall’affioramento in superficie di  antiche  scorie ferrose. Come riportato nel libro della Dott.ssa Cimarri alcune località vicine hanno toponimi riconducibili alla lavorazione del ferro: Casa  Fabbroni  è collegabile alla parola latina faber(fabbro), Fabbriche, sul fiume  Resco dove sicuramente veniva usata la forza idraulica  per muovere delle macchine , Tassinaia ( il tasso è un particolare tipo di incudine per forgiare il ferro). Alla attività di antiche fucine e al disboscamento da queste causato, fra Fabbroni e Campo d’Arme, si attribuiva, durante l’alluvione  del  1966, la frana provocata dalle pioggie torrenziali che portò alla distruzione  del complesso medievale delle Lastre.

Nella foto, a distanza dall’edificio si nota una data (1881) scolpita su una pietra lavorata. Sicuramente questa ricorda l’anno in cui furono effettuati grossi lavori ai terrazzamenti ( scasso per piantare olivi, costruzione di muri a secco di contenimento…)

Testo e foto di Vannetto Vannini

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