Sul sentiero CAI 21 che da Poggio di Loro porta alla Croce del Pratomagno , a quota 759 mt troviamo i ruderi di quella che fu la Maestà del Renaccio (vedere foto) indicata anche sulla tavoletta IGM 1:25000.
Da questo punto inizia l’area archeologica del Renaccio, un’area caratterizzata da grandi cumuli di sassi in cui si possono intravedere pezzi di muri e pietre squadrate. E’ auspicabile che in un futuro, la zona possa essere interessata da una campagna di scavi. Gli abitanti di Poggio di Loro chiamano la zona “Poggio vecchio” e una leggenda popolare che si tramanda da secoli, dice che il Renaccio fu distrutto dagli abitanti del castello del Cocollo. Un po’ di chiarezza ci viene dal volume edito nel 2010 dalla Società Editrice Fiorentina “Rocca Ricciarda, dai Guidi ai Ricasoli” curato dal prof. Guido Vannini. Nel capitolo di pag 85 scritto dalla dott.ssa Valentina Cimarri , viene specificato che nel XIII secolo il castello del Renaccio era ancora al centro di una circoscrizione amministrativa di cui faceva parte la Rocca stessa, però all’inizio del XIV secolo il Renaccio sembra scomparire dalle fonti scritte ed ogni riferimento politico e amministrativo relativo al popolo e al comune in questione, viene messo in relazione alla Rocca. Così nel 1331 gli uomini del popolo di San Niccolò della Rocca , e non del Renaccio, giurano fedeltà ai Ricasoli.
Come scrive la dott.ssa Cimarri, la causa dell’abbandono dell’insediamento può essere ricercata nella vicinanza di altri nuclei incastellati meglio collocati – come il castello di Poggio per la gestione dei coltivi, o il borgo della Rocca per il controllo della viabilità- e questo potrebbe aver provocato un trasferimento nel tempo della popolazione del Renaccio . Non è da escludere anche una azione militare che avrebbe indotto la popolazione ad abbandonare l’insediamento, o potrebbe aver contribuito all’abbandono la progressiva crisi demografica cui dette il colpo di grazia la pestilenza che alla metà del XIV secolo avevano investito il Valdarno. Il mistero rimane.
Testo e foto di Vannetto Vannini