Le coltivazioni dei cereali in luoghi difficili delle balze al tempo della mezzadria   

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Testo e foto di Vannetto Vannini

Nei secoli passati la ricerca di nuove superfici coltivabili per arrivare alla sufficienza alimentare contro fame e carestie che inevitabilmente portavano poi ad epidemie, ha portato alla costruzione dei terrazzamenti nelle nostre colline, in luoghi dove la difficile morfologia e l’estensione degli arbusti rendevano quei terreni incolti.  Per lo stesso motivo, alcune zone impervie delle balze sono state coltivate e rese produttive a cereali fino alla fine degli anni Cinquanta, che oggi, abbandonate e invase dalla vegetazione rimangono un ricordo sempre più labile e lontano nella memoria collettiva dei paesi. Questo lavoro che i contadini chiavano “addomesticamento terreno”, il quale praticamente si traduceva in una fatica enorme per rivoltare la terra, fatica ripartita tra gli uomini e le donne componenti la famiglia mezzadrile, è entrato nel linguaggio popolare come termine di paragone indicante un lavoro difficile, ingrato e complicato   per ottenere poi un modesto risultato economico. Per lo stesso motivo venivano resi coltivabili piccolissimi appezzamenti di terra sulle rive dei borri per ricavarne poi orti.

Nel filo delle balze fra Loro Ciuffenna e Castelfranco di Sopra vicino al percorso della Setteponti, sono molto rappresentativi della “fame” di terra coltivabile da parte dei mezzadri alcuni terreni dirupati e scoscesi delle balze di Persignano. Questi terreni difficili, instabili e pericolosi dove oggi a nessuno   verrebbe da pensare che un tempo non molto lontano veniva coltivato il grano, avevano un nome: Le Piaggiole, La Piaggia della Balzaccia, Campogrilli, che li distingueva dagli altri appezzamenti del podere. Nel linguaggio contadino il termine piaggia è ancora molto in uso; si intende un tratto di terreno in pendenza, ma anche in zona piana, in genere privo di alberi e usato per produrre fieno o per coltivare i cereali. Inoltre questo termine, nella società rurale mezzadrile, veniva usato in vari modi, anche in maniera arguta per definire la bellezza fisica di una persona, in genere femminile, con una frase che diceva “è bella come una piaggia a fieno fiorita”, oppure “è brutta e fatta male come una piaggia smottata”. Inoltre, qualsiasi terreno pericoloso e difficile, veniva distinto con un termine di origine dialettale e di etimologia ignota che non ha riscontro in nessun vocabolario del vernacolo, questa parola ancora oggi in uso nel tratto di Setteponti da Loro Ciuffenna e Castelfranco di Sopra è “biribocolo”, termine con cui si intende un terreno molto scosceso.

 Questa ricerca di terreni coltivabili, per lo stesso motivo era poi estesa nelle balze vicine di Piantravigne, Montemarciano, Poggitazzi e Botriolo.

 Vediamo ora con l’aiuto delle foto, gli appezzamenti delle balze o forre di Persignano sopracitati, per avere un’idea della fatica sovrumana necessaria a ricavare qualche staio di grano dalla coltivazione di questi terreni, coltivazione fatta a mano con zapponi e bidenti durante il tempo a dolco o dorco e che impegnava tutti i componenti attivi maschili e femminili della famiglia mezzadrile.  Il tempo a dolco o dorco, nel linguaggio popolare è un tempo asciutto, privo di vento e con temperatura mite e questa parola, che è una dizione volgare di dolce, è ancora usata soprattutto dalla popolazione anziana. Il termine viene usato sia nel Valdarno fiorentino che aretino e riportato nel Nuovo Vocabolario Del Vernacolo Fiorentino di Alessandro Bencistà (2009) e nel Vocabolario Aretino di Pietro Benigni (2010).

Le Piaggiole: Con questo termine si identificava un appezzamento di terra   situato a metà della parete di un grosso sperone delle balze prossime   al paese. Il nome è al plurale perché un grosso fosso trasversale dalla parte alta alla parte bassa per indirizzare le acque piovane, divideva il terreno in due parti; il terreno faceva parte di un podere il cui mezzadro abitava nel centro storico di Persignano. Nella parete della balza sopra a destra (foto) vi sono delle bellissime erosioni chiamate dai geologi “canne d’organo” e dietro allo sperone vi è un bosco ceduo chiamato Bosco Grande riportato anche nel catasto lorenese del 1821. Salire alle Piaggiole non era da tutti e non sempre era possibile perché il rischio di una caduta era reale, anche se era stato intagliato nella parete scoscesa un viottolo, a tratti esposto ma abbastanza sicuro con appigli stabili. Nelle Piaggiole si seminava a rotazione triennale grano, orzo, segale e il quarto anno il terreno veniva lasciato a riposo o maggese. L’orzo matura circa dieci giorni prima del grano ed era mietuto per primo, la segale matura nello stesso periodo del grano.  Dopo la falciatura occorreva portare dalle Piaggiole   al terreno piano sottostante le manne di cereale   e questa operazione non era affatto semplice, richiedeva assenza di vertigini e piede sicuro. Grano, orzo e segale venivano poi trebbiati insieme ma divisi; l’orzo e la segale erano poi usati come biade ma anche macinati perché mescolati con la farina di grano (farina imbarbarita) per fare il pane. La coltivazione delle Piaggiole fu continua fino alla seconda guerra mondiale, poi occasionale fino a cessare del tutto nei primi anni Cinquanta con l’avvicendamento della famiglia mezzadrile ma anche, soprattutto, per il cambiamento dei tempi; oggi questo terreno è diventato bosco e si è molto ridotto per l’erosione, non essendo l’acqua piovana regimata come una volta.

Piaggia della Balzaccia: questo appezzamento di terreno, che in origine doveva essere stato il luogo dove erano rovinate diverse guglie di terra che poi erano state spianate dal lavoro manuale per ricavarne terra coltivabile, porta questo nome perché situato nei pressi della Balzaccia. La Balzaccia era costituita da due alti campanili di terra e ciottoli che si sorreggevano a vicenda in un precario equilibrio   e partendo molto dal basso facevano il pari con la superficie dello spiazzo dietro   al cimitero di Persignano/Malva.  Questo luogo, a suo tempo riempito di terra, era uno dei più pericolosi delle balze e, con incoscienza tutta infantile era quello più frequentato da noi ragazzi per i nostri giochi.   La piaggia in forte pendenza, larga e molto lunga veniva coltivata da un mezzadro della fattoria di Santa Maria e poiché era ben raggiungibile, lavorata bene anche con l’aratro a ruote trainato da una coppia di buoi, il senso dell’aratura era dal basso verso l’alto per non accentuare la pendenza del terreno. La profondità del lavoro era abbastanza relativa per non sfiancare troppo le bestie. A rotazione vi venivano seminati grano e altri cereali. La Piaggia della Balzaccia è stata coltivata fino a metà degli anni Cinquanta, oggi come si vede dalla foto è un bosco.

Campogrilli: Questo appezzamento di terra è il pianoro sommitale della parte più bella e scenografica delle forre di Persignano ed è stato molto frequentato dalla gente del paese per la raccolta legna nel bosco sottostante e dai ragazzi per vari giochi quando la televisione non c’era o i programmi iniziavano solo alle 20,00. Gran parte di questa piaggia piana apparteneva alla fattoria di Piantravigne (Conti Guinigi di Lucca) ma non era riferita a nessun podere di quella tenuta perché facendo parte del bosco sottostante (Bosco Grande), come volevano allora le leggi della mezzadria, i boschi venivano controllati direttamente dal fattore tramite il guardiacaccia. Era un terreno incolto ma sempre pulito in quanto era il luogo più comodo per le donne del paese per    fare ginestre e erba ai conigli.  Vi era stato costruito prima del passaggio del fronte, un paretaio per la cattura degli uccelli da richiamo, attività che durò fino a metà anni Settanta. Insieme agli uccelli vi si catturavano da tempo immemorabile anche i grilli (da cui il nome) che fino agli anni Cinquanta venivano venduti a un commerciante detto il grillaio, che riforniva di questi animaletti la Festa del Grillo alle Cascine di Firenze. Di questa attività commerciale, comune ad altri paesi della Setteponti ne parla Antonio Sordi nel suo libro edito nel marzo 2024 e intitolato “L’aia di’ Botta. Vita, storie e leggende di Casabiondo negli anni Cinquanta”. La Festa del Grillo pur avendo perso le caratteristiche di un tempo, è ancora oggi una storica, antica festa della primavera fiorentina e una volta erano vendute quantità enormi   di gabbiette con dentro il grillo, tanto che poi nel 1999 la Regione Toscana ha emanato una legge in difesa di questi animaletti   per cui si possono vendere le gabbiette con il grillo solo in immagine. Questa piaggia passò successivamente di proprietà e coltivata prima a cereali e poi a vigna; oggi è un bosco. Una parte di terreno sul ciglio del precipizio era di proprietà del convento delle suore di Persignano, convento     ubicato nel paese proprio davanti in basso alla scenografica parete di terra e ciottoli.  Campogrilli era il terreno dove ogni 21 novembre, in occasione della festa degli alberi, gli alunni della locale scuola elementare piantavano i cipressi, molti dei quali tuttavia, avendo la radice nuda non attecchivano. (nella foto sopra il paese sullo sfondo è Piantravigne).  

Inoltre, fra balza e balza, vi sono dei brevi terreni in forte pendenza chiamati “spendicine”, assimilabili ai ghiaioni di alta montagna, ricevevano dopo forti piogge, temporali e siccità prolungate, la terra smossa di scarico e sfaldamento (foto).  Questi territori ripidi e stretti, dove era importante l’orientamento a sud ovest (solatìo), venivano lavorati a mano in maniera profonda con zapponi e bidenti, spianati, concimati abbondantemente con letame di pecora per poi mettere a dimora le piantine di carciofi che crescevano e fruttificavano abbondantemente.

Al tempo della mezzadria, in una economia povera e di sussistenza, niente era lasciato al caso e anche le balze con la loro difficile morfologia, contribuivano al mantenimento della famiglia contadina secondo schemi di lavorazione antichi di secoli, che sono rimasti in essere fino a una manciata di decenni fa.

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