Il toponimo Faella, nelle ipotesi di Silvio Pieri nasce dal termine fagus (faggio). Nel X secolo anche a Faella esisteva un castello. Era situato sulla cima di un poggio denominato Castellare (indicazione di castello abbandonato o distrutto) situato a 173 mslm, in posizione di sprone a circa Km 3 dal fiume Arno e a 700 mt. di distanza dal torrente Faella, sulla cui riva destra sorge il paese omonimo. La località Castellare, infatti, appare come un vero avamposto al luogo significativamente denominato La Corte. Le fonti che parlano di questo castello sono quelle di Repetti, che asserisce: “ La natura friabile del terreno, che costituisce le frastagliate colline di Pian-di-Scò, di Castel-Franco e di Terranova sulla ripa destra dell’Arno, ha cagionato l’intiera rovina dell’antico cast. di Faella al pari di quelli di Ostina, di Ganghereto e di varj altri”. Repetti cita un documento: “nel 1168 di ottobre, un Renuccino figlio di Ranieri, stando nel suo castello di Faella, fece promessa ai monaci di S. Salvatore di Safena di non recare molestie ad alcune terre e vigne di loro pertinenza situate nel piviere di Groppina”. Nel 1204 il castello apparteneva ad Aldobrandino di Tribaldo da Quona che lo cede ad Alberto di Ranieri dei Ricasoli. Infatti lo storico Passerini scrive: “fra i molti castelli (di Alberto dei Ricasoli) ereditati dal padre eravi quello ancora di Castellonchio in Val di Sieve, forse derivante dalla dote materna e questo vendè nel 1204 ad Aldobrandino di Tribaldo da Quona, con la giurisdizione civile e criminale, col mero e misto impero, ricevendone in compenso Pulicciano, Failla e Faella in Valdarno e quattromila lire di moneta pisana”.. Dal “Decimario” parrocchiale del 1673 risulta che la struttura era stata trasformata in una casa colonica degli Altoviti di Firenze. Crediamo che soltanto ricerche archeologiche nell’area Castellare potrebbero fornirci notizie più esaurienti.
In origine due erano invece i paesi che prendevano nome dal torrente: Faella (la parte bassa vicino al fiume omonimo) e Favilla (la parte alta che si spingeva verso il torrente Resco). Si può ancora leggere nei Decimari Vaticani di questi due paesi, anche se confinanti e continui. Ogni paese aveva la sua chiesa: S. Maria a Faella e S. Michele a Favilla. Erano due popoli, due villaggi aperti cioè, due raggruppamenti di case attorno a una chiesa non battesimale e privi di mura difensive. L’insediamento attorno alla chiesa di Faella, consacrata a Santa Maria e citata in un documento del 1260, anche se la sua edificazione deve essere senz’altro più antica, era diretto da un rettore che lo regolava alle dipendenze della Pieve di Sco. Dalle liste di Montaperti sappiamo che il popolo di Faella si impegnò per la fornitura di 4 staia di grano all’esercito fiorentino. L’altra fonte storica, le liste della Rationes Decimarum Italie, ci danno soltanto l’opportunità di constatare che la chiesa di S. Maria a Faella, nel 1276, pagò 2 libbre e 10 soldi per le rate semestrali della decima dovuta come tributo alla Chiesa. Nel 1312, il vescovo di Fiesole, Tedice figlio di Neri di Aliotto Visdomini, soppresse la chiesa di San Michele a Favilla e il suo popolo fu riunito a quello di Santa Maria a Faella. Nel 1550 Firenze inserì Faella nella Lega del piviere di Scò. In effetti tutte e due le chiese, sia quella soppressa che la chiesa del borgo hanno sempre fatto parte, con il paese, del contado fiorentino, del piviere di Scò e della Diocesi di Fiesole. S. Maria a Faella era nell’antichità una semplice curanzia, aveva cioè un curato alle dipendenze dei Pievano di Scò, ma con l’aumento della popolazione Mons. Lorenzo della Robbia la elevò nel 1637 a Prioria. Successivamente, nel 1899, prese il titolo di Propositura, vista l’importanza assunta dal Borgo. Nel Settecento il borgo si presentava come un vero feudo della famiglia Rinuccini di Firenze che avviava la coltivazione dei propri terreni con una moderna gestione. Con la riforma del Granduca Pietro Leopoldo, nel 1773, Faella viene annessa alla Comunità di Castelfranco di Sopra. Nel 1811, durante l’invasione francese, fu invece trasferita nella Comunità di Pian di Scò. A seguito del riordinamento amministrativo del Granducato di Toscana, i territori comunali di Pian di Scò passarono, nel 1825, alla provincia di Arezzo e, ovviamente anche Faella, dopo secoli di sottomissione a Firenze, iniziò a far parte del territorio provinciale aretino. Durante la seconda guerra mondiale, Faella fu completamente distrutta, ridotta a un cumulo di macerie, purtroppo i suoi numerosi palazzi storici furono distrutti.