Setteponti e dintorni: la ricerca di idrocarburi e la perforazione del pozzo Pratomagno 001 in località Traverseto, sopra Caspri

Castelfranco/Pian di Scò Le news Notizie Terre Alte Valdarno

testo di Vannetto Vannini

Alla fine degli anni ‘70 il territorio dei comuni di Loro Ciuffenna, Terranuova Bracciolini, Castelfranco di Sopra e Piandiscò, lungo, sopra e poco sotto la Setteponti, partendo da una quota di 250m e la parte di collina e montagna sovrastante fino a 900 m di altezza, fu interessato da una prospezione geomineraria per scoprire eventuali giacimenti di idrocarburi fossili, liquidi e gassosi. Questa ricerca che riguardò tutti i comuni della storica strada e altre zone della Toscana, fu particolarmente intensa e metodica soprattutto nel territorio del Cocollo e nella dorsale che partendo da questo monte va a nord verso Montrago, costituendo il confine comunale fra Loro Ciuffenna e Castelfranco di Sopra, oggi comune di Castelfranco/Piandiscò. Le ricerche facevano parte di un piano nazionale teso ad aumentare la quota di sufficienza energetica italiana dopo la guerra arabo/israeliana del 1973, che aveva visto andare alle stelle il prezzo dei prodotti petroliferi, limitare la pubblica illuminazione e adottare la circolazione dei mezzi a targhe alterne durante i giorni festivi dell’inverno e primavera 1974. Per alcune stagioni degli anni a cavallo del   1980, squadre di tecnici specializzati fecero rilievi su terreni non coltivati, lasciando, nel punto del controllo, una targa di legno infilata con un manico in terra; la targa era divisa trasversalmente in due parti di cui una colorata di rosso mentre nella parte non colorata vi erano scritte dei numeri con delle lettere, in pratica la targhetta di legno riportava una sigla. I tecnici alloggiavano in strutture ricettive sulla Setteponti, si spostavano per lavoro con   grosse auto fuoristrada (gipponi) ed erano entrati in sintonia con la gente del posto, da cui venivano   chiamati e identificati come “Quelli che fanno gli scoppi”. In effetti, facendo esplodere piccole cariche di esplosivo creavano delle onde compressive nel sottosuolo che venivano monitorate e registrate da dei sensori di superficie. I dati rilevati permettevano di ricostruire la struttura degli strati rocciosi e scoprire l’esistenza di giacimenti petroliferi.

Una delle zone più controllate dai tecnici fu proprio quella intorno alla vetta del monte Cocollo e poiché non era possibile arrivare alla cima della montagna per poi proseguire sul crinale con dei mezzi meccanici, fu sistemata (spianata e in parte allargata) la medievale mulattiera che da Oliveto tocca la vetta, tratto   facente parte oggi del sentiero CAI 33. La sistemazione della mulattiera in stradella, oltre ai fuoristrada che allora erano pochi, portò alle mura del castello del Cocollo altre macchine come le Fiat 500, tanto che una domenica, chi scrive, nei contò una decina dietro la vetta. Per molti i vecchi ruderi del paese fortificato del Cocollo abbandonato nel XVII secolo furono una scoperta, ruderi che erano perfettamente puliti perché da anni vi pascolavano le pecore di Renzo, un pastore di Malva; per altri invece furono una miniera dove prelevare soglie e bellissime pietre squadrate, distruggendo muri che avevano sfidato i secoli e testimoniavano   tanta storia. Questa situazione non passò inosservata a don Basilio Fabbri, parroco di Modine, studioso, autore di alcuni libri e responsabile dell’archivio storico del comune di Loro Ciuffenna, che fece una denuncia alle autorità competenti. Questo fenomeno cessò alcuni anni dopo, quando la mulattiera, non più oggetto di manutenzione, ritornò impraticabile per qualsiasi mezzo meccanico, anche se nel frattempo il sito archeologico medievale era stato   saccheggiato.

La mulattiera, oggi sentiero CAI 33, che parte da Oliveto per i ruderi del castello del monte Cocollo, non è da confondere con la strada di servizio per il metanodotto algerino costruita nel 1982 che   si stacca dalla strada comunale Loro Ciuffenna /Odina appena sopra   l’edificio Millepini /Valcello e, chiusa da una sbarra, sale a tornanti   aggirando Casa Sucine   verso il varco, dina.  Questa strada che raccordava il crinale dove passava il metanodotto con la strada carrozzabile in basso, fu utilizzata per il trasporto   di   tubi enormi al varco di Odina dove venne fatto un grosso deposito. Purtroppo durante la costruzione di questa via venne distrutta la storica, medievale fonte del Cocollo; un tratto molto breve di questa strada fa anche parte del sentiero CAI 33. Il progetto per portare il metano algerino che interessò la nostra montagna, meriterebbe un capitolo a parte poiché il disegno originario prevedeva di raggiungere da sud il Pratomagno nei pressi del passo della Crocina e quindi interessare per lo scavo tutto il crinale della montagna fino all’Uomo di Sasso, passando    appena sotto la Croce. Da parte del CAI di Arezzo, soprattutto per merito dell’allora vicepresidente ing. Amedeo Ademollo, fu presentato un progetto alternativo che prevedeva il passaggio del metanodotto nei pressi di Loro Ciuffenna e poi da casa San Miniato verso Oliveto, Cocollo, parte di crinale verso Montrago, Poggio Massa Ladronaja, Donna Morta, Uomo Morto e Poggio del Lupo dove veniva raggiunta la cresta del Pratomagno proseguendo poi per la vetta dell’Uomo di Sasso. Questo progetto, caldeggiato dal CAI e da altre associazioni culturali aretine fu approvato, salvando dai lavori di scavo una grandissima parte della pratina sommitale del massiccio. Inoltre per l’intervento del CAI aretino fu salvata anche   quell’enorme pietra carica di storia e di tradizioni popolari che si trova appoggiata sulla vetta della Massa Ladronaja, perché lo scavo fece una piccola deviazione.

I lavori di ricerca di giacimenti di gas o petrolio sul terreno continuarono ancora per diverso tempo, poi verso il 1984 cessarono e poco dopo avemmo la notizia che sarebbe stata effettuata   una trivellazione nel comune di Castelfranco di Sopra, in un terreno a quota 690 m chiamato Traverseto, sopra all’abitato di Caspri e molto vicino alla casa del podere Quercia al Nibbio.

Per poter portare i macchinari di trivellazione al territorio indicato,   vi era solo una stretta  stradella campestre , di quelle  che i nostri montanari chiamavano  “strada da treggia” e che era l’antica strada medievale che passando da  Caspri   portava ad Odina, ramificandosi presso la Quercia al Nibbio ( importante centro stradale medievale)   in un ramo che ritornava alla  Lama e uno che proseguiva verso il crinale fra il Cocollo e Montrago   per raggiungere  il Casentino e  con una deviazione anche  il paese  di Modine. Questa strada, molto bene evidenziata nel catasto lorenese del 1821, non permetteva il transito dei pesanti automezzi con materiale necessario per la perforazione pertanto nel 1987, come riporta anche lo studioso castelfranchese Stefano Stagno (pag. 50 del suo libro “Cent’anni della nostra storia. Castelfranco di Sopra 1976 – 2000”, vol.3, Aska 2022), furono avviati i lavori per una nuova strada    nel lato sud-ovest della collina di Caspri. Questo fu un lavoro che spezzò campi di olivi e piantagioni di giaggiolo che poi è rimasto ma è tornato utilissimo alle abitazioni che si trovavano lungo il percorso, migliorando notevolmente gli accessi alle case e la viabilità locale. In pratica fu costruita una circonvallazione che, partendo da sotto il paese di Caspri nei pressi del   bivio per il borro di Casale/la Lama, in un percorso lungo poco meno di 3 km raggiungeva la località di Traverseto, dove venne impiantato il cantiere dalla ditta Petrex.

La perforazione per il pozzo, chiamato ufficialmente Pratomagno 001, iniziò a metà novembre 1987 (era in corso la raccolta delle olive) e fu un argomento che a lungo tempo venne riportato nella cronaca locale dei giornali. Il rumore, prima di una certa intensità poi lentamente sempre più forte, si sentiva bene a svariati km di distanza tanto che da Persignano/Malva (mio paese) che la linea d’aria dista circa 3 Km, lo strepitio e lo sferragliare era ben recepito. Un avvenimento fuori dalla quotidianità, la normale curiosità, la nuova strada con l’esposizione per gran parte a sud ovest e quindi a solatio d’inverno, la scoperta di una zona interessante sotto molti aspetti e da cui il panorama sulla vallata e sulle balze è bellissimo, furono i motivi per i quali, soprattutto la domenica, la zona di Caspri fu presa come riferimento per tanti valdarnesi nel passare dei momenti di svago all’aria aperta.

Nel maggio 1988, dopo diversi mesi di trivellazione venne la notizia che era stato trovato a poco meno di 4000 m. di profondità un giacimento di metano e la cosa contribuì a destare ancora più curiosità. In effetti si seppe poi che a quella profondità era stata trovata una bolla di gas che poco dopo finì. Io questo fatto lo ricordo bene, perché tornando la sera dell’8 maggio 1988 in pullman con la comitiva del Club Alpino Italiano Valdarno Superiore da una escursione sul Monte Forato (Alpi Apuane), arrivati in autostrada poco prima di uscire dal casello Valdarno, guardando casualmente la nostra montagna vidi una fiaccola che bruciava fra Odina e Caspri nel punto preciso dove era in opera la perforazione e di questo avvisai al microfono tutti i presenti in pullman.

 La perforazione seguitò ancora per più di un mese e terminò poco dopo metà giugno. Dalla lettura dei giornali si seppe poi che il pozzo, con una profondità di circa 4300 m, venne ritenuto sterile e    in quel periodo era fra le perforazioni più profonde in Italia.

Fermato il lavoro tutto venne velocemente smantellato, l’area interessata ripulita, messa in sicurezza e recintata; è rimasta la strada di circonvallazione. Nel 2009 all’interno dell’area recintata dove fu effettuata la perforazione e dove in parte era ritornato il bosco, è stato costruito dal comune di Castelfranco/Piandiscò, un grande impianto di pannelli solari per la produzione di energia elettrica.

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