Ponina è una piccola frazione del comune di Capolona situata su una delle ultime dorsali del Pratomagno prima che il massiccio montuoso tocchi l’Arno casentinese. Il paese è in parte cadente e abbandonato, però vi sono diverse case ristrutturate.
La chiesa, chiamata il Santo, è situata in luogo isolato a diverse centinaia di metri dal paese; è una chiesa di origine antichissima e significativa, dedicata ad un santo bizantino (Sant’ Apollinare). Nei pressi anche i ruderi di un castello chiamato le “Torri di Belfiore”
Il paese è toccato dal tracciato del sentiero CAI OO nel tratto che va da Subbiano alla intersezione del sentiero CAI 32 proveniente da Talla, la quota altimetrica è di 496m s.l.m.
A differenza dei dintorni, nel minuscolo paese non vi sono emergenze storico-architettoniche di rilievo, ma Ponina è ricordato per aver dato i natali a Sagresto ( brigante del Pratomagno) e per aver avuto come parroco Mazzoni don Tarquinio durante l’ultima guerra.
Pochi sanno che anche nel nostro Pratomagno, e non solo, girava un brigante al quale i carabinieri hanno dato per qualche anno una caccia senza sosta, caccia nella quale furono impiegati più di 80 carabinieri scelti, ottimi tiratori che avevano anche un’ esperienza di lotta al brigantaggio maturata nelle zone del sud Italia. Il prefetto di Arezzo, aveva imposto poi sul bandito una taglia di 1000£
Il brigante in questione si chiamava Raffaello Conti soprannominato Sagresto; nato a Ponina nel 1863 e morto nel 1902 in seguito alle ferite riportate in uno scontro con i carabinieri avvenuto di notte in uno sperduto casolare della Val Tiberina.
Fin da ragazzetto, Sagresto, ebbe una spiccata predilezione per i furti, lo spaccio di banconote false, estorsioni, minacce,prepotenze, lesioni personali seguite da tentativi di evasione dal carcere in cui fu condannato per una breve pena e contravvenzione al domicilio coatto (presso Talla).
Tutta piccola roba di fronte al salto di qualità che fece uccidendo, in un barbaro agguato studiato nei minimi particolari, un possidente di Ponina con il suo guardiacaccia nel Gennaio 1902. Fu una vendetta in quanto con il possidente Sagresto aveva avuto un contenzioso per motivi economici anni addietro; l’omicidio fece tanto scalpore in quanto fu molto efferato con successivo vilipendio dei cadaveri.
Da quel momento,era il 1902, Sagresto si dette alla “macchia” e fu il ricercato numero uno della provincia di Arezzo.
Per la verità, Sagresto non aveva la stoffa del “brigante di razza” come Tiburzi che si meritò in Maremma l’appellativo di Re del Lamone, meno che mai di Stefano Pelloni, chiamato dal Pascoli “il Passator cortese” e neanche del quasi paesano Federigo Bobini, detto Gnicche che terminò la carriera a Tegoleto nel 1871 trovandosi nel buio di una casa, invece che nelle braccia dell’amante, in quelle di un robusto carabiniere.
Sagresto è considerato un brigante minore, anche se fu molto temuto nella zona di sua influenza, che ancor prima dell’omicidio, comprendeva la parte bassa del Casentino, il Pratomagno nella zona di Talla, il Passo della Crocina e Castiglion Fibocchi compreso un tratto della Sette Ponti dove soprattutto preferita era la località di Maestà a Scopeto e limitrofi
Fino a metà degli anni ‘ 50 del secolo scorso era ancora viva nella memoria della gente della Sette Ponte l’attività di alcuni delinquenti che derubavano i passanti proprio nella zona compresa fra San Giustino e Castiglion Fibocchi intorno alla fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Il periodo e la zona fanno pensare che proprio fra questi ladroni ci possa essere stato anche Sagresto prima di fare il salto di categoria.
L’azione continua dei carabinieri e la taglia, indussero Sagresto a cambiare zona e quindi si portò in Val Tiberina dove si “propose” ospite di una famiglia di contadini in una zona solitaria di Montauto. La famiglia era composta dal capoccia, la moglie, una figlia e una giovane parente del capoccia.
Sagresto fin dalla età di apprendista- brigante aveva tre passioni che portò con se anche da qualificato professionista. Aveva un debole per le belle donne maritate ( ne ebbe diverse ma furono fra i motivi della sua rovina), amava il gioco d’azzardo (vinceva sempre),amava la buona cucina ed era cuoco appassionato.
Fu proprio questa ultima passione che lo tradì. Rimasto solo in casa dove era ospite, pensò bene di cucinarsi un pollo per cui andò nel pollaio, lo prese, gli tirò il collo e cominciò a spennarlo nell’aia della casa colonica. Mentre lo spennava, fu avvistato da lontano, senza essere riconosciuto, dal guardiacaccia della fattoria che, insospettito avvisò subito i carabinieri. Sembra che questi fossero però già stati avvisati anche dal colono.
Nella sera a buio arrivarono tre carabinieri – scelti esi disposero intorno all’abitazione. Sagresto fece fuoco da una finestra della casa. Durante la sparatoria il brigante commise lo stesso errore del più famoso Tibursi, si mise cioè qualche secondo in una posizione tale che venne illuminato all’esterno dal riverbero del fuoco acceso sul focolare. In quel momento, un carabiniere lo colpì al petto e Sagresto cadde ferito. La mattina, caricato su una treggia fu portato all’ospedale di Anghiari dove poco dopo morì; era l’ 11 Luglio 1902, la latitanza di Sagresto era durata circa sette mesi.
La notizia della morte del brigante fu pubblicata dai giornali e si diffuse nelle città e nei paesi più lontani. Il sindaco di Anghiari chiese il permesso di offrire un regalo “ sia in denaro che in qualche oggetto” al Brigadiere Agostino Nitta e ai carabinieri Stefano Bargiacchi e Felice Naldini i quali si erano distinti nella operazione di cattura del bandito. Le campagne del Casentino, Val Tiberina e di Arezzo, respirarono di sollievo.
Gli stessi abitanti della zona poco dopo ridimensionarono il personaggio, considerandolo, più che un brigante vero e proprio, un poveraccio prepotente che aveva commesso molti e gravi errori.
Dopo la morte venne fuori una ballata popolare che immortalò fra i cantastorie la figura di questo bandito, ballata che nella zona di Anghiari ancora qualcuno ricorda e di cui ne ho rintracciati alcuni versi nel volume “ O la borsa o la vita” di Giorgio Batini, edito da Bonechi Editore nel 1975: Sagresto, sventurato citto – anche lui giunto all’ultimo destino – di cui fu mostruoso il suo delitto- si fece per due volte assassino…..
Ponina è la sua patria dove è nato – di madre onesta e sani genitori – e dai congiunti suoi bene allevato – ma non vi passò le sue età minori – che a sedici anni venne condannato – per vari furti di poco valore – in poco tempo vi scontò la pena – fu il primo anello della sua catena.
Ma dopo l’Appennino ha valicato – e giunto in un poder detto Sasseto – che presso Montauto è dislocato – in casa se ne entrò da queto queto – e per due giorni lo tenne assediato. – Mangiò quattro galline l’indiscreto – e si bevve il vino già infiascato – ch’era serbato per la battitura – ma Sagresto gli volle dar la stura….
Partinno da Anghiari i carabinieri – col lor brigadier senza paura – in caccia del bandito volentieri – ma quando alla giustizia è capitato – come gli altri l’è morto fucilato.
Credo che non esistono foto di Sagresto, mi sono interessato presso l’Accademia del Poggio di Montevarchi per reperire il giornale “La Nazione” del 12 Luglio 1902 dove speravo che insieme alla notizia della morte ci fosse stata una foto del brigante.
Nella biblioteca dell’Accademia il giornale esiste, ma attualmente non è reperibile per i lavori di ristrutturazione dell’edificio che sono in corso. Ho trovato, senza foto e con pessima qualità di stampa l’articolo della Nazione sul libro di Batini “ O la borsa o la vita” che qui vedete riprodotto.
N.B. Terre Alte tornerà fra breve su Ponina per un prete , Don Tarquino Mazzoni, famoso prima, durante e dopo il periodo della Resistenza, un prete che nascose nel paese un giovane partigiano: Licio Nencetti comandante della “Teppa” alla cui memoria è stata concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Inoltre , sempre su Ponina, “Terre Alte” tornerà poi con un articolo sul “Il Santo” e un altro sulle “Torri di Belfiore”.
Testo e Foto di Vannetto Vannini
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