Da tempo immemorabile, poco dopo aver lasciato Reggello e prima di Pietrapiana, a destra in curva, sul vecchio tracciato (ora rettificato) della Sette Ponti si trova la Fonte Lattaia di Sant’Agata. La fonte è sempre attiva con una buona portata sia estiva che invernale, alla base della colonna porta una lapide in ricordo dell’ ultimo restauro fatto nel 1933.Fino agli anni 60 del secolo scorso venivano a questa fonte un gran numero di mariti e familiari delle partorienti a riempire bottiglie di questa acqua che aveva, e tutt’ora ha fama di avere, proprietà galattofore; favorisce cioè nelle neo-mamme la formazione del latte materno da dare ai loro neonati.
Secondo una consuetudine, tramandata da generazioni e generazioni, le mamme potevano andare a bere o lavarsi direttamente alla fonte solo se era passato un mese e mezzo dal parto. L’acqua della Fonte di San Agata veniva data anche agli animali da latte per recuperare la secrezione persa. È una tradizione caduta nell’oblio che deriva dal paganesimo ed è quindi vecchia di decine di secoli, ma ancora valida e ricordata bene dalle persone anziane. Come tutte le credenze di origine pagana, anche in questa c’è un misto di superstizione che si intreccia con la religione; ma fortemente radicata nella tradizione popolare riesce ancora a resistere anche se un po’ sopita.
In zone della nostra montagna lontane da questa fonte e nella impossibilità fisica di raggiungerla a piedi, l’azione benefica dell’acqua lattaia veniva spostata sull’ acqua pura di sorgente e sulle “pietre galattofore” che venivano raccolte in un certo periodo dell’anno e secondo un proprio rituale, scolpite poi a forma di mammelle e posizionate in punti prestabiliti della casa, se non addirittura murate nei fondamenti quando la casa era in costruzione. Con le “pietre galattofere” si entra nel campo delle credenze superstiziose del culto litico, ma il beneficio per le mamme dell’ acqua delle fonti lattaie sicuramente ha un fondamento scientifico. Durante l’allattamento, il fisico della mamma ha bisogno di rilevanti quantità di acqua perché il latte materno contiene circa 85% di acqua che deve essere reintegrata con il bere; sicuramente l’acqua delle fonti lattaie deve al suo grado di durezza e a una particolare composizione salina della durezza il fatto di favorire la secrezione lattea.
Fino a metà del secolo scorso, e molto più nei secoli passati, per una donna che aveva un neonato era veramente una disgrazia grossa non avere la quantità sufficiente di latte materno (ipogalattia) necessaria per allattare il piccolo. La mancanza del latte in alcune mamme veniva attribuita anche a forze malvage, a fatture e allora i familiari si rivolgevano allo “stregone”; per ovviare a questa insufficienza lattea spesso l’unica soluzione per la mamma era di “mandare a balia” il bambino anche in luoghi abbastanza lontani. In alcuni casi nei paesi di montagna scattava una solidarietà fra le madri in allattamento, per cui una mamma che aveva abbondanza di latte serviva due neonati. Le “balie” in passato hanno avuto una parte importante nella società, nel secolo XIX, molto comuni soprattutto del Sud, davano un contributo per 6 mesi alle mamme ipogalattiche per pagarsi la balia. Il latte materno, per la sua composizione chimica, era insostituibile nella crescita e per la salute del neonato e non poteva essere sostituito da nessun latte animale; solo dagli anni sessanta del secolo scorso può essere sostituito con il cosiddetto “latte artificiale o di farmacia”.
La posizione di questa fonte lattaia è interessante e fortemente indicativa in quanto si trova nelle vicinanze della Chiesa di San Agata in Arfoli da cui prende il nome, e nelle vicinanze della chiesa di San Michele di Caselli. Sant’ Agata Martire è la protettrice di Catania, di Malta e della Repubblica di San Marino ed è venerata anche dalla Chiesa Ortodossa; il culto di questa Santa è molto diffuso nell’Italia Centromeridionale e anche in Toscana. Sotto la protezione di questa Martire si pongono ancora oggi le mamme per tutti i problemi che possono sorgere durante l’allattamento. Sant’Agata subì il martirio nel 251 a Catania durante la persecuzione dell’imperatore romano Decio(249-251), subendo il taglio e l’asportazione delle mammelle con grosse tenaglie. L’acqua delle sorgenti dedicate a San Agata, come quella di Reggello, oltre che per bere erano usate per fare abluzioni alle mammelle per guarire da mastiti, ragadi e altri disturbi al seno.
La piccola chiesa che da il nome alla fonte ha una grande storia che risale all’epoca dei Goti. Lo stesso nome Arfoli, anche se di origine incerta si pensa sia di origine gotica o longobarda, lo stesso titolo della chiesa dedicata a San Agata fu portato durante l’invasione gotica in Valdarno e in Casentino, vallate dove furono tredici le chiese dedicate a questa Martire. Probabilmente il culto di questa Santa sarebbe stato propagato da San Gregorio Magno ad opera dei missionari impegnati nella conversione dei barbari, compito facilitato dalle stesse mogli dei Goti, perche la Martire era ormai divenuta la protettrice delle donne che allattano. Nel coro della chiesa sono state collocate le pitture trecentesche staccate dal portico antistante , raffiguranti le storie della vita della Santa dal giudizio al martirio.
Nel dopoguerra la chiesa ha subito un restauro totale riportandola alla primitiva architettura; nell’ Agosto del 1984 giunsero a Sant’ Agata in Arfoli i Sacerdoti del Santissimo Sacramento, noti come i padri Sacramentini, che hanno formato una comunità spirituale viva, seguita e ben voluta dal popolo.
L’altra chiesa situata nei pressi della Fonte Lattaia è quella di San Michele a Caselli. Il culto di questo arcangelo guerriero (vedere Terre Alte- Loro Ciuffenna – Anciolina) fu portato dai Longobardi, popolo con schiette virtù militari che ritrovava nell’Arcangelo le virtù belliche del loro antico dio germanico Odino. San Michele, per sue le virtù guerriere fu posto da Dio a difesa della maternità divina nella grotta della natività di Betlemme, è l’angelo tutelare delle partorienti, dei lattanti e della purezza delle acque. La connessione con San Agata e relativa fonte lattaia con San Michele è quindi chiara e evidente. All’Arcangelo inoltre sono dedicati in diverse parti d’Italia molti edifici sacri con riferimenti all’allattamento, a volte anche di carattere litico, le cosiddette “Pocce Lattaie”, riportate sull’abside delle chiese. La presenza dei Longobardi è indicata anche dal toponimo Cancelli, località poco distante alla chiesa che ci riporta alla guerra longobardo/bizantina che devastò per anni e anni il nostro Pratomagno. I Longobardi non attraversarono l’Arno a Rignano perché il guado era fortemente difeso, si presume che scesero da San Donato , Troghi ed avrebbero passato l’Arno sul piccolo ponte di Bruscheto, vicino l’Incisa, che secondo alcuni studiosi sarebbe stato costruito dai Goti, per l’omofonia con il nome tedesco Bruck = Ponte. Molto probabilmente la prima linea longobarda arrivò a contatto con la prima linea bizantina a Cancelli (latino Cancelli-orum) che è lecito intendere come “confine, barriera, limite”.
Inoltre è presumibile che la presenza di una chiesa dedicata all’Arcangelo San Michele come quella di Caselli, sorta vicino ad una fonte lattaia, può aver sostituito precedenti culti pagani dedicati a Giunone Lucinia, a cui si rivolgevano in epoca pagana le donne che avevano appena partorito per avere latte in abbondanza. A conferma di ciò, sappiamo di resti di sepolture romane “ a ziro” datati dal primo secolo a.C. al secondo secolo d. C. ritrovati proprio nei pressi della provinciale fra la Fonte Lattaia e la Fornace.
Insomma un luogo molto interessante sotto tutti gli aspetti, che per secoli è stato frequentato tantissimo e ancora oggi molto vivo nei ricordi e nella tradizione, soprattutto dalle genti di quella parte di Pratomagno.
Foto e testo di Vannetto Vannini