Don Tarquino Mazzoni: Prete, partigiano e sindaco.

Capolona Casentino Terre Alte

All’interno della realtà di estremo disagio economico-sociale del Pratomagno prima e durante il periodo bellico, si collocava e si sviluppava l’azione del clero parrocchiale con la quale avrebbero poi fatto i conti l’occupante tedesco e fascista durante la pseudo Repubblica di Salò. Un clero che

aveva alle spalle antichi legami storici e politici con l’agricoltura, che vantava tradizioni di attività sociale nel prefascismo fra i contadini; un clero che aveva guidato nel 1919 i voti dei cattolici (soprattutto degli agricoltori) a favore del Partito Popolare dandogli la maggioranza dei suffragi;  un clero che nutriva risentimenti verso il regime per l’opposizione condotta contro le proprie opere sociali e in particolare contro le numerose Casse Rurali (nella nostra montagna esisteva a Modine) costrette al fallimento o messe in crisi. Nelle parrocchie del Pratomagno il parroco era quindi oltre che confessore, consigliere, uomo di fiducia e punto di riferimento in ogni occasione e la canonica si rivelava luogo di culto ma anche di riunione, sede di incontri e di divertimento, centro religioso e sociale, e dopo il 1929 ( fino al 1960) anche sede di istruzione scolastica. Questo stato di cose si rafforzò nel periodo bellico soprattutto durante l’ occupazione tedesca.

Già ai primi di Ottobre del 1943 nel Pratomagno sorsero le prime  bande  partigiane  per iniziativa soprattutto di  militari sbandati, di  vecchi militanti antifascisti di provenienza social-comunista, cattolica e azionista,  di renitenti alla leva repubblichina e di  ex prigionieri alleati (fra il campo di concentramento di Laterina e quello di Anghiari ne furono liberati  ottomila). Sul piano pratico molti di coloro, soprattutto i non militari, che preferirono andare in montagna invece di arruolarsi  nell’esercito repubblichino, rivelarono poi tutti i limiti nell’affrontare e nell’abituarsi a una vita durissima senza una preparazione tecnico-militare e con una scarsa attrezzatura  per far fronte agli attacchi tedeschi  e della GNR. In questa situazione la canonica diventò il punto di riferimento per molti  che si erano dati alla lotta armata e i parroci della nostra montagna, cominciarono a dare ospitalità ed aiuto agli ex prigionieri e agli ebrei, ai renitenti alla leva e poi ai cittadini sfollati, con il rischio, se scoperti, di essere deferiti al Tribunale Militare. Successivamente  molte canoniche diventarono centri importanti per la Resistenza dove si organizzavano servizi ausiliari, quali i collegamenti, il trasporto e il nascondiglio di armi , arruolamento, assistenza ai feriti,  servizi di supporto altrettanto indispensabili per l’attività clandestina.

Per queste ragioni è spiegata la presenza dei parroci nei Comitati Comunali di Liberazione  come  Don Dario Stocchi a Loro Ciuffenna e nei Comitati Provinciali di Liberazione  come Don Onorio Barbagli ad Arezzo ( Don Barbagli e Don Pendolesi sono stati professori di che scrive).

Durante il periodo bellico, per vari motivi, in tutta la Toscana persero la vita  settantacinque parroci di cui  sedici nella sola diocesi di Arezzo e tre nella diocesi di San Sepolcro, pertanto grande fu il contributo di sangue versato dalla chiesa aretina per aiutare la popolazione durante il passaggio del fronte bellico.

Lo stesso  vescovo di Arezzo Mons. Emanuele Mignone, all’indomani della liberazione della città fu proclamato cittadino onorario dal Comitato Liberazione Nazionale (CLN) , mentre monsignor Carlo Tanganelli sarà la guida spirituale  del Comitato Provinciale di Liberazione.

In questo contesto si inserisce l’opera di uno sconosciuto  prete di montagna, Don Tarquino Mazzoni parroco di Pomina (Capolona).  

Don Tarquino era nato alla Chiassa il 27 Ottobre nel 1881 e fu ordinato sacerdote nel 1905. Era considerato un “prete moderno” e per questo ebbe un po’ anche a soffrire quando fu parroco di Casenovole e forse, per spezzare la squadra di preti “ modernisti”, fu inviato parroco a Serre di Rapolano. Nel 1919 ritorna nella sua terra come prete a  Campoluci e diventa vicepresidente della Giunta Diocesana. Con l’avvento del regime fu perseguitato e schiaffeggiato da squadristi fascisti ed è forse per questa ragione che fu inviato nel 1922  in Istria con residenza ad Ossero.

Ritorna in Casentino e nel 1929 è parroco di Pomina (Capolona)

Durante il periodo bellico, dopo ‘l’8 Settembre aiuta ebrei, renitenti, ex prigionieri e perseguitati e tiene i contatti con le formazioni partigiane. Nasconde per diverso tempo Licio Nencetti, diciottenne comandane partigiano della “Teppa”, Medaglia d’Oro  al Valor Militare alla Memoria.

Durante l’occupazione tedesca è membro del Comitato di Liberazione di Capolona, paese di cui diventa sindaco subito dopo la liberazione, eletto dai capi partigiani Caprini, Cap.Rossetti Siro, Ten. Raffaello Sacconi.

Fra i suoi documenti, alcuni conservati presso il municipio, si trova il tesserino della Brigata Garibaldina Pio Borri e la tessera dell’Associazione  Toscana Volontari della Libertà.

Nel 1949 si ritirò presso i Domenicani, muore il 18 Febbraio 1971 ed è sepolto nel cimitero di Ponina.

Don Tarquinio Mazzoni è fratello di Don Giovanni Mazzoni (Chiassa Sup. 1886 – Russia 25 Dic. 1941), parroco di Loro Ciuffenna e Cappellano dei Bersaglieri decorato di due Medaglie d’Oro al Valore Militare.

 Le notizie su Don Tarquinio Mazzoni sono state riprese da un articolo di S. Pieri pubblicato dalla

Società Storica Aretina

Testo e foto di Vannetto Vannini

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