Paesi del Pratomagno: Raggiolo, il paese dei còrsi,della transumanza e delle castagne.

Casentino Ortignano/Raggiolo Terre Alte

Raggiolo è un paese situato nel versante casentinese del Pratomagno  e adagiato  su uno sperone dominante la confluenza del torrente Teggina (dall’etrusco Tegunas)  con il torrente Barbozzaia;

Figura 1 Raggiolo

il Teggina , che da il nome alla vallecola, nasce sotto la Croce nei dintorni della Fonte del Duca, il Barbozzaia nella zona della Pozza Nera. Nel libro “ Una comunità toscana di antico regime. Raggiolo in Casentino” di Marco Bicchierai e edito nel 2006 dalla Firenze University Press, si legge che il paese è “ Collocato ad una altezza fra i 520 e i 600 m. sul lato orientale del Pratomagno”  ed è  caratterizzato  da un clima montano  “con inverni lunghi e freddi,ricchi di pioggia e neve, estati abbastanza calde e secche, ma piuttosto brevi, mezze stagioni abbastanza miti, ma dove l’esposizione  al sole si riduce notevolmente per l’ombra aggettante dei fianchi delle montagne”, l’ambiente è quello montano. Sempre Carlo Bicchierai scrive: Aggrappato al monte, immerso fra i castagni, compatto in verticale che dall’antico ponte del mulino risale alla “Bastia”, lo sperone su cui sorgeva la rocca dei Conti Guidi, Raggiolo non è in fondo molto diverso dal suo ritratto settecentesco. Proprio questo suo essere rimasto ancora in gran parte come “congelato” nel suo aspetto antico facilita il percorso della immaginazione a ritroso nei secoli e giustifica ancor più la ricerca di una identità e di una memoria anche nei documenti del passato.

Il fatto che abbiano i torrenti una buona portata d’acqua, ha permesso nei secoli lo sviluppo di fucine per la lavorazione del ferro, segherie, mulini per cereali  e per le castagne che, da sempre, sono state un  prodotto economicamente rilevante insieme all’allevamento ovino, tanto che il paese ha dato il nome a una cultivar di castagna: la Raggiolana.

L’origine di Raggiolo, molto probabilmente,  si deve ad un insediamento Longobardo nel VII secolo e  sembra  che il  toponimo  derivi dalla parola latina “ radius”  come significato di “linea di confine” , forse fra il territorio bizantino e quello tenuto dai  longobardi che scendevano dal Pratomagno. Il fatto che la chiesa principale di Raggiolo sia dedicata a San Michele Arcangelo, rafforza l’ipotesi di una presenza longobarda.

Figura 1A Panoramica Paese  Figura 3 Chiesa del paese

Tutta la valle  del Teggina chiamata allora  Valle Asinina, nell’alto medioevo fu inserita in un giro di influenze religiose, civili e patrimoniali del monastero di Camaldoli e dell’abbazia di Campo Leone (Capolona), cui viene presto a sostituirsi in Casentino il dominio dei Conti Guidi che vi costituiscono una signoria feudale. Il conte vive a Raggiolo con la sua piccola corte e stimola quindi la crescita del paese che in quel periodo arriva a 300/350 abitanti.

Dopo varie vicende i raggiolatti nel 1357 decidono di sottomettersi a Firenze entrando così a far parte del contado fiorentino. Particolare importante  è che nel passare alla Repubblica Fiorentina, gli abitanti di Raggiolo diventavano uomini liberi a tutti gli effetti e proprietari dei beni che avevano in concessione feudale, mentre la proprietà dei pascoli, mulini, boschi, spazio del castello, fucine.. passava alla comunità che era tenuta a darsi degli statuti che regolassero la vita quotidiana.  Il territorio di Raggiolo entra così a far parte di un comprensorio con altri paesi della Valle Asinina  ribattezzata  già Valle Fiorentina, il cui podestà risiedeva a Castel San Niccolò e comprendeva la valle del Solano,Civitella Secca, la  Valle del Teggina, Cetica e Montemignaio. La Valle Fiorentina ( Montanee Florentine partium Casentini) è storicamente importante in quanto, fin da allora,  ci fa conoscere gli stretti rapporti fra quella zona del Casentino con Firenze, rapporti che sopravvivono ai tempi nostri in quanto per quelle zone che oggi sono provincia e diocesi di Arezzo, la città di riferimento rimane ancora Firenze.

Montanari con spirito libero e fiero, nel 1391 i raggiolatti si ribellano a Firenze per  le pesanti imposizioni fiscali, Firenze manda dei soldati mercenari che mettono in atto una repressione durissima bruciando gran parte delle abitazioni, impiccando quattordici uomini e facendo molti prigionieri che furono condotti a Firenze. Per loro intercederà Guido da Raggiolo, futuro beato, domenicano nel convento di San Marco.

La guerra dei Visconti contro i fiorentini, portò in Casentino le milizie milanesi comandate dal Piccinino, che in appoggio ai Conti Guidi, presero e distrussero gran parte dei castelli della Valle Fiorentina, fra questi  Uzzano, Ortignano e Raggiolo. Gli abitanti scampati al massacro ripararono, ricostruirono e ripresero le quotidiane abitudini fra castagni e pascoli.  Vinto ad Anghiari l’esercito del Piccinino e scacciati definitivamente i Conti Guidi, il Casentino ebbe una nuova sistemazione politica  in quanto fu eletto in Vicariato, con sede del vicario a Poppi e comprendente le due podesterie precedenti della Montagna Fiorentina e di Bibbiena, più quelle nuove di Poppi, Pratovecchio e Romena. Le fortificazioni distrutte non vennero più ricostruite e sono  quelle in cima al paese che vengono chiamate “la bastia”.

Figura 13 Bastia

 Figua 2 Il ponte dell'Usciolino

La vità dei raggiolatti fu scandita per secoli dall’avvicendarsi delle stagioni che imponevano la tran sumanza in Maremma, il ritorno ai pascoli alti del Pratomagno, la raccolta delle castagne, la macinatura per fare la farina, la vita del bosco… Nel 1778 il paese fu visitato da un  personaggio eccezionale:il neo granduca Pietro Leopoldo di Lorena che era alla scoperta dei più remoti angoli del suo nuovo regno, fra cui anche Raggiolo. Scrive il Granduca”…sopra vi sono superbe selve di castagni ottimamente tenuti fino  all’ultimo crine che divide il Valdarno, ove nell’ultimo miglio vi sono faggi.

 Tutte queste selve sono ben tenute e concimate con il fuoco; il popolo è forte , robusto e industrioso; gli uomini vanno  l’inverno quasi tutti nelle  Maremme, vivono parcatamente, sono poveri ma non bisognosi ed hanno tutti tante selve  da non aver bisogno di nessuno quando le castagne riescono.

 Da Raggiolo che è l’ultimo castello del Casentino, si va alla Trappola e Loro in Val d’Arno passando il monte per sette miglia di pessima strada. Da Raggiolo si  passa il fiume Teggina e si va a Ortignano distante da Raggiolo tre miglia lungo la medesima vallata con mediocre strada”.

Nel 1873 il comune di Raggiolo fu  unito con quello di Ortignano e nacque il comune di Ortignano Raggiolo

Particolare interessante che fa onore hai raggiolatti è quanto scrive Carlo Beni nel 1881 nella sua “Guida del Casentino”  circa il grado di istruzione degli abitanti di Raggiolo” Ma più che le memorie del passato, fa molto onore a Raggiolo lo stato presente dell’istruzione de’ suoi abitanti. Quasi tutti,meno pochissimi adulti, sanno leggere e scrivere; mentre pur troppo non si può dire altrettanto degli altri luoghi di quel comune e in generale delle popolazioni tutte delle nostre montagne”.Figura 5 Saggezza paesana

 Figura 15 Ferro di cavallo All’ inizio del secolo scorso anche Raggiolo subì le angherie e le prepotenze del brigante Sagresto (vedere Terre Alte)  le cui imprese criminali sono ancora ricordate nel paese, e fu proprio fra le case del paese che Sagresto ebbe uno degli  scontri a fuoco con i carabinieri.

Oggi Raggiolo è fra  i paesi più belli e caratteristici non solo del Casentino ma dell’intera  provincia di Arezzo e basa la propria economia sull’artigianato e sul turismo, per sviluppare il quale e per non perdere la memoria storica di tradizioni e usanze,  da vari anni nel paese è stata istituita la “Brigata di Raggiolo” che ha una propria sede, uno statuto, un presidente e un consiglio direttivo. Inoltre la “Brigata” ha un sito in internet, (http://www.labrigatadiraggiolo.it/), si trova su Facebook e stampa un giornalino  in versione cartacea e on line ed è riuscita a restaurare antichi ponti medievali, seccatoi, mulini per le castagne.., inoltre gestisce le feste paesane e promuove incontri e dibattiti sulla storia e sulle tradizioni di Raggiolo con l’intento di valorizzare questa parte di Casentino molto interessante ma  poco conosciuto.

Raggiolo  è attraversato dal sentiero CAI 30 che parte da Bibbiena e si immette sul sentiero  CAI 00  di  crinale presso la Pozza Nera, e dal sentiero 30A che collega Raggiolo a Garliano passando da Quota e “la Crocina”.

Ma una delle cose più caratteristiche di Raggiolo è che gli abitanti vantano una discendenza còrsa.Figura 4 Museo castagna In alcune pubblicazioni   è scritto che i còrsi furono chiamati dal granduca per ripopolare la zona, come successe effettivamente in Maremma; in altri invece che ci fu una emigrazione in Corsica dei raggiolatti e che questi dopo tanti anni ritornarono al paese di origine portandovi  lingua, cultura e tradizione còrse. Dalla documentazione  e ricerca storica  non sono emerse tracce di provvedimenti della Repubblica di Firenze o del granducato per un ripopolamento del castello di Raggiolo con immigrati còrsi e meno che mai di una emigrazione in Corsica e successivo ritorno al paese dei raggiolatti. Anche la documentazione locale non aiuta a conoscere tracce di inserimenti in paese di gruppi esterni. Anche  per  il nome di “Bastia” nella parte alta del paese corrispondente al cassero del vecchio castello dei Conti Guidi, ci può essere una spiegazione che non è legata alla cittadina còrsa. Il nome comune “bastia” infatti indica già dal medioevo un luogo fortificato, più o meno come “rocca”.

Marco Bicchierai scrive nel suo libro  che “ comunque la mancanza di testimonianze se non permette di accogliere come sicura la  notizia di questa presenza còrsa a Raggiolo, non consente nemmeno di escluderla a priori, in ogni caso, infatti, la tradizione orale è di per se una fonte che ha un suo valore”.

Sempre Marco Bicchierai scrive che “ un ‘altra ipotesi  potrebbe legare la “leggenda” degli abitanti  còrsi alla tradizionale migrazione stagionale in Maremma: singoli individui di origine còrsa presenti in Maremma, potrebbero essersi aggregati ai pastori di Raggiolo ed averli seguiti nel paese sul Pratomagno. Se infatti documentare la presenza  dei còrsi a Raggiolo è un problema, di testimonianze sulla emigrazione invernale insieme alle greggi (transumanza) sono pieni i registri delle deliberazioni”.

La questioni dei “còrsi” a Raggiolo è un problema molto dibattuto e  ancora da risolvere. La stessa società  dei  raggiolatti era allora una società chiusa, dove difficilmente uno straniero poteva vivere, però l’ipotesi che qualche còrso sia arrivato a Raggiolo  con la transumanza di ritorno dalla Maremma può essere verosimile. Il  professore Barlucchi, in un convegno a Raggiolo, ha parlato di un certo numero di “forestieri” che erano venuti  con le greggi dalla Maremma e che nel 1550 furono “naturalizzati” raggiolatti. Inoltre lo stesso professore Barlucchi, mediante una ricerca storica ha trovato finalmente  il “còrso”;infatti in un articolo scritto su “TuttoRaggiolo” il professore da notizia che  la sera del 29 Ottobre 2009, presso l’Archivio di Stato di Firenze ha trovato che nella descrizione di una partita catastale di un terreno vicino a Quota, il notaio registrava come proprietario confinante tal “Meo d’Antonio d’Agnolo”, precisando che si trattava di un “còrso”, figlio di Ciarca, abitante a Raggiolo. Un altro professore, il professor Nocentini, ipotizzava sulla base della scienza linguistica, che la famiglia Ciarchi, sicuramente proveniva dall’isola di Corsica.

Tante ancora sono i quesiti da risolvere, fra le quali:  se solo alcune persone provenivano dalla Corsica, come mai tutti i raggiolatti hanno questa fama?

Còrsi  o non còrsi, Raggiolo insieme a Ortignano e tutto il comprensorio intorno rimangono  fra i paesi più belli e caratteristici della nostra montagna e di tutto in Casentino, veramente meritevoli di una conoscenza approfondita.

Come in  tutti i paesi della montagna,  dal  secondo dopoguerra  l’esodo della popolazione verso  altri paesi è stato massiccio. Sappiamo che nel 1881  nella Comunità di Ortignano-Raggiolo vivevano 1905 abitanti  che erano diventati 2316 nel 1931, 2029 nel 1951, 1422 nel 1961, 966 nel 1971, 818 nel 1981, 804 nel 1991 e  in ripresa poi nel 2001 con 852 abitanti e nel 2011 con 878 abitanti.

Interessante è poi avere uno spaccato della economia , della popolazione e della vita  di Raggiolo (solo Raggiolo)  attraverso i numeri, ricavati da un articolo a pag 10 di TuttoRaggiolo del Giugno 2009 e relativo all’anno 1948. Nella introduzione all’articolo, l’autore Giuseppe Giovannuzzi scrive :”Da alcuni appunti da me ritrovati sono emersi dei dati riguardanti Raggiolo nel 1948. Leggerli è stato come salire sulla macchina del tempo e tornare indietro di sessant’anni per vedere il nostro paese nella sua pienezza, quando vi risiedevano più di mille abitanti, quando tutte le case erano abitate. Un paese vivo che oggi è difficile immaginare, ma che io conosco bene perché, anche se non ero ancora nato, i miei genitori me lo hanno descritto e raccontato tante volte. Quelli che seguono sono numeri, solo numeri senza commenti…. Ma che danno l’idea di quella che era la realta”.

 Il questo articolo si legge che il territorio di Raggiolo cominciava dai  Fossi di San Angelo e di Ripa sui due versanti opposti e finiva sul crinale del Pratomagno ed era  suddiviso “catastalmente” in  711 ettari di castagneti da frutto, di 1250 ettari di faggete, di 60 ettari di boschi a paleria, di 243 ettari di pascolo, di 52 ettari  di vigneti, di 60 ettari di orti e ghireti (1), di 58 ettari di cespugliati,di 24 ettari di querceti e di 60 ettari di incolti.

Nel 1948 vivevano nel territorio 209 famiglie per un totale di 1024 abitanti di cui 480 maschi e 544 femmine, i bambini/e sotto i 15 anni erano il 41% della popolazione.

Nel 1948 risultava esserci pochissime  bestie bovine, mentre era di 7850 il numero delle   pecore e capre,il patrimonio equino era formato da 135 bestie di cui 24 cavalli, 72 muli e mule e 39 somari.
Figura 6 Basto del mulo Figura 9 Barilotti

Nei boschi lavoravano n° 44 squadre  di cui 9 di carbonai,12 di vetturini (2), 23 squadre di tagliatori (boscaioli). Il totale degli occupati nei lavori stagionali dei boschi era di 165 persone, di cui 141 uomini,8 donne e 16 mei (3).

Le castagne fresche prodotte nel 1948 risultarono essere di 6500 quintali, quelle secche di 2180 quintali; in considerazione che in un Kg ci sono circa 100 castagne e in un quintale 10.000, ne consegue che nel 1948 furono raccolte a Raggiolo 65.000.000 di castagne. Sempre nel 1948 il maggior produttore di castagne a Raggiolo fu Giuseppe Giovannuzzi (1892- 1962) con 134 quintali di castagne secche. Nei due mesi del periodo di “castagnatura” impiegava 15 persone tra gente di casa, donne e mei nei 40 ettari a castagneto in cui aveva 3 seccatoi.

Figura 7 Zoccoli

 Figura 8 Suola protetta

  

I seccatoi che servivano per la produzione di castagne secche erano in numero di 109, di cui 71 nel paese e 38 nelle selve.

Figura 11 Seccatoio in paese Figura 12 Seccatoio

 Nel 1948, per la macinatura delle castagne secche e la produzione di “farina dolce” erano in funzione  3 molini: il molino di Giacinto sul torrente Barbozzaia,il molino di Carmelo sul torrente Teggina e il molino di Morino sul torrente Barbozzaia (questo molino è stato ripristinato ed è tutt’oggi funzionante).

Terminologia montanara.

1)Ghireti: questa parola non viene riportata da nessun vocabolario  pertanto si può presumere che sia un vocabolo molto arcaico e usato solo nella zona di Raggiolo o in poche altre zone. Essendo nella descrizione accoppiato a orti (orti e ghireti), poiché gli orti venivano e vengono fatti in prossimità dei torrenti,  si può pensare che la parola in questione possa indicare il “greto” di un torrente, quella  parte ghiaiosa del torrente che rimane asciutta nel periodo di magra. Questa ipotesi è avvalorata anche da Silvio Pieri, che nel suo libro “Toponomastica della Valle dell’Arno” edito nel 1919 riporta che la parola “ghiretone” è fra “i nomi locali spettanti alle condizioni del suolo”

2) Vetturini: Il vetturino o i vetturini erano figure fondamentali  nel panorama economico e sociale della nostra montagna. Erano i proprietari di diverse bestie da soma e venivano chiamati dai carbonai per portare   a dorso di mulo  le balle di carbone  dalle piazzole nei punti di raccolta detti “imposti”(4)  che erano piazzali  ai margini dei boschi. Inoltre venivano chiamati  anche dai boscaioli per “smacchiare” la legna tagliata e portala nel luogo di raccolta. Più raramente venivano chiamati dai proprietari per portare i sacchi di castagne durante la “castagnatura”( periodo di raccolta delle castagne) ai seccatoi.  Dagli imposti, con dei carri oppure a dorso di mulo, il carbone o la legna veniva portata nei paesi. Ancora oggi si chiama “imposto” il luogo dove arrivano camion o trattori a caricare la legna

3) Meo: È una parola che era usata soprattutto nei due versanti del Pratomagno e in tutto il Casentino e ha  significato di “garzone”. Il meo infatti era così chiamato il garzone dei carbonai , un ragazzo di povera famiglia che all’età di 12/15 anni, per il solo “mangiare e dormire” , veniva dato per un certo periodo in affidamento ad un’altra famiglia dove faceva i lavori più umili e faticosi,  imparando però il mestiere. In genere il meo era trattato malissimo, ma non tanto perché i carbonai erano cattivi, ma perché erano uomini scontrosi, rozzi, abituati a una vita durissima e molti di loro avevano fatto il meo da giovane. Molto probabilmente la parola “meo” è una parola arcaica  che significa mio.

4) Imposto: È una parola ancora  usata nella nostra montagna.  Indica il luogo dove, alla fine del bosco arrivano camion o trattori a caricare la legna. La parola potrebbe derivare dal  vocabolo latino Impostus = alla fine, essendo la parte terminale del ciclo di raccolta carbone o legna;ma più verosibilmente potrebbe  derivare dal  verbo latino impositum che sta a significare  sovrapporre,porre sopra, scaricare, imbarcare

Foto e testo di Vannetto Vannini

 

 

 

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