Eravamo un po’ preoccupati quando Lunedì mattina la Prof De Mori ci ha espresso la ferma determinazione, sua e della collega, di condurre a termine la prevista escursione in Pratomagno.
Sapevamo che durante tutta la mattinata di Martedì ci sarebbe stata una pioggerellina che ci avrebbe accompagnato nella nostra camminata e così è stato. Non sapevamo come si sarebbero comportati i ragazzi in una situazione difficile e per questo avevamo previsto che in caso di pioggia avremmo cambiato la destinazione. Non più la Croce come programmato e come gli studenti da tempo desideravano di raggiungere, ma l’Abbazia di Santa Trinita, Pontenano, La Crocina. Alle sette di Martedì dalle Professoresse non un segnale di ripensamento, ed allora si parte! Arrivano invece i primi sms dei colleghi che rimangono a casa. In pochi, fra noi del CAI si sono presentati a Monte Lori, fra cui due alpini, uno effettivo di vecchio corso, uno di complemento. La prima lezione che abbiamo dato ai ragazzi è quella fondamentale di tutti quelli che vanno in montagna usando il cervello: la Montagna, è il concetto stesso del limite, prima per la sua fisicità che spesso delimita lo sguardo, poi ancora più importante, per la difficoltà di affrontarla, che obbliga ognuno ad interrogarsi ed a valutare i propri limiti fisici e mentali ed a fare i conti con essi. Insomma abbiamo iniziato a far capire e porre ai ragazzi la “cultura del limite”. Dovete ammettere che parlare oggi a dei giovani di limiti non è agevole eppure, saranno state le condizioni atmosferiche avverse, saranno stati i dubbi che anche loro dovevano avere dentro di loro, in un ambiente che deve essere apparso certamente ostile, fosse solo per la nebbia e l’acquerugiola che insistentemente cadeva, non abbiamo avuto alcuna difficoltà a fare accettare sia il cambio di destinazione che i normali, per noi, metodi di comportamento di un gruppo in montagna. I ragazzi ci hanno gratificato con un comportamento esemplare e con una speditezza di passo adeguata alle necessità del percorso. Fondo non agevole perchè viscido e fangoso per la pioggia, molti torrenti da guadare, atmosfera un po’ opprimente per la nebbia e la pioggerella che ci ha accompagnato per quasi tutta la mattinata, ma una considerazione di una prof ci ha fatto piacere: “guardate, ci ha detto, nessuno dei ragazzi si è messo le cuffiette con la musica, tutti stanno parlando con i compagni, rispetto alle loro abitudini è quasi un miracolo!”
Insomma sappiamo che le nostra determinazione a portare i giovani in montagna, anche in condizioni difficili come quelle odierne, non è un azzardo ma, convenientemente organizzata e preparata, diventa inevitabilmente un piacere ed un divertimento. Per loro, certo, ma anche per noi perchè dobbiamo ammettere che passare una giornata con dei ragazzi, ascoltare i loro discorsi, i loro progetti, discutere le loro scelte letterarie e musicali, capire che contrariamente a un certo atteggiamento reazionario che vorrebbe che i giovani di oggi non fossero all’altezza di quelli di ieri, sentire due ragazzi cantare un duetto IN RUSSO (lo studiano a scuola) e due ragazze disquisire di chitarre basso inserite in determinati complessi musicali ci conduce in tutt’altra e, per fortuna, favorevole considerazione e, in fondo, ci fa compiere un notevole e piacevole balzo indietro nel tempo.