La villa nacque come fortilizio di proprietà dei signori da Quona. Si ha una prima attestazione di un Guido da Conia in un documento del 1072 dell’abbazia di Montescalari ed ancora nel 1095 suo figlio Ridolfino è citato in altro rogito. Successivamente, dal 1373, cioè da quando un Rinuccino indicò la proprietà in un contratto, fino alla metà dell’Ottocento, appartenne alla famiglia Rinuccini. Nel 1409 la città di Firenze concesse infatti a Jacopo di Francesco Rinuccini la possibilità di disporre ancora della torre che vi era stata costruita. Nel 1848 alla morte del Marchese Pier Francesco d’Alessandro Rinuccini la Torre a Cona passò, tramite il matrimonio di una figlia del Marchese, ai Trivulzio di Milano che, nel 1882 la vendettero al Barone Emilio Padoa. L’ultimo passaggio di proprietà avvenne nel 1937, anno in cui la villa passò ai Conti Rossi di Montelera. L’edificio è frutto di una complessa ricostruzione risalente al XVIII secolo che interessò tutto il sito del castello medievale e inglobò nel nuovo complesso la vecchia torre. Oggi la villa di Torre a Cona è la più scenografica delle ville fiorentine e probabilmente la più grande e ci appare come una maestosa villa di planimetria e volumi articolati anche se coerenti, ma si tratta del risultato di secoli di interventi, tra i quali i più significativi, quelli compiuti dalla famiglia Rinuccini nella prima metà del Settecento. L’antico “resedio” in villa fu sottoposto a notevoli lavori, già ultimati nell’aprile del 1738, anno in cui Fosco Rinuccini celebrò nella sua rinnovata residenza di campagna le fastosissime nozze con Camilla Aldobrandini, richiamando a Torre a Cona per tre giorni il fior fiore dell’aristocrazia fiorentina. I lavori furono condotti da Paolo Giovannozzi, autore degli interventi coevi compiuti dai Rinuccini nel loro palazzo di Firenze. L’asse dell’edificio è stato probabilmente ribaltato, e quello che, da una prima analisi, sembra essere stato il prospetto principale, è diventato oggi il tergale, dando importanza al fronte visibile dalla viabilità odierna. La costruzione presenta una larga fronte aggettante arricchita di tre ordini di finestre, mentre l’ampia facciata è divisa in tre parti da due grandi paraste a tutta altezza. Il basamento che segna il piano terreno è a bugnato e contornato da una balaustra ripresa nel coronamento che circonda il grande orologio al centro. L’edificio è suddiviso in tre livelli, di cui il primo rivestito in bugnato di pietra forte, e gli altri intonacati. Questi ultimi sono scanditi da quattro lesene a ordini sovrapposti in finto bugnato, di cui due angolari. La composizione simmetrica presenta l’apertura di undici finestre per piano, ed al piano terra, in posizione centrale, del portone ad arco. Due semicolonne doriche, anch’esse bugnate, sorreggono una balconata con balaustra; quest’ultima sottolinea il cambio di livello e di materiali e la presenza della balconata permette l’arretramento del resto della facciata. Sulla copertura spicca un torricino con orologio, affiancato da una balaustra che si prolunga per una larghezza pari alla partizione centrale della facciata. Dell’impianto del castello medioevale rimane riconoscibile la torre maggiore posta nella zona tergale, che, essendo l’elemento emergente, non è stata inglobata dal corpo principale della Villa. Sempre nel lato tergale dell’edificio si ha anche l’attuale accesso al teatrino, la cui progettazione sarebbe avvenuta intorno al 1730. La villa sorge sopra una piccola altura ed è raccordata con il sottostante declivio da una serie di terrazzamenti degradanti. L’accesso alla villa avviene attraverso un’articolata serie di viali, i cui lavori si trovano documentati dall’anno 1750 al 1752. Sul lato sinistro si trovano la fattoria e le cantine, e più oltre si apre il grande parco che delimita la costruzione sul retro. Qui, collegato al palazzo mediante una porta che conduce alla sacrestia, è l’oratorio dedicato a Santa Caterina.
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