Nel contesto profondamente religioso nato dalla controriforma dopo il Concilio di Trento, anche nella nostra zona furono costruite alcune chiesette padronali in un arco di tempo compreso fra la fine del XVI° e i primi anni del XVIII° secolo, molto per esigenze di prestigio familiare ma anche per forti motivi religiosi. In alcuni territori, queste piccole chiesette hanno contribuito in parte a formare il tessuto connettivo dell’architettura religiosa , in genere semplice ma sempre in linea con i principi architettonici del periodo in cui furono costruite. Spesso queste costruzioni religiose sono state sottovalutate dagli storici dell’arte attenti , per ovvi motivi , agli esempi artisticamente più rilevanti. Però questi piccoli edifici di culto, lontano dai grossi centri perché immersi nella campagna , sono degni tuttavia di attenzione per le loro connessioni con la storia economica, religiosa e sociale delle comunità rurali presenti in quel territorio.
Nella zona di Piandiscò abbiamo la chiesetta di Casabianca, la cappellina di Campiano, della Madonna di Querceto, l’oratorio dei Sordi di Bologna, la cappella di Casamora, della Canova e l’oratorio dei Bandini di Casa Biondo. Della cappella di Campiano, della Madonna di Querceto e dell’oratorio dei Sordi di Bologna esistono già dei post su Terre Alte /Valdarno /Piandiscò- Castelfranco. L’oggetto di questo nuovo post è invece l’oratorio dei Bandini di Casabiondo, dedicato all’Immacolata Concezione e costruito fra la fine del secolo XVII° e l’inizio del XVIII°.
Nella zona del popolo di Piandiscò si affermarono alcune famiglie che, sebbene di estrazione contadina, sono venute a contraddistinguersi, nel tempo, per l’accumulo di capitali tanto da sovrapporre il loro patronimico con quanto posseduto sul territorio e condizionare la toponomastica. Sul giornale “Corrispondenza” n° 34, Esther Diana scrive sull’articolo di pag 23 che riguarda il vecchio tracciato della Sette Ponti da Piandiscò a Reggello e le famiglie che vi abitavano che “ ….. se in zona numerosi risultano i beni di casate quali gli Strozzi, i Medici, i Salviati e di alcuni conventi fiorentini, rilevanti rimangono, comunque, i beni di una realtà sociale autoctona o comunque valdarnese, che per ricchezza e lustro riuscirà ad emergere dal generale contesto sociale del luogo. I Biondi, i Papi, i Sottani, i Sordi,, i Togniaccini, i Bandini gestiranno accortamente le loro aziende familiari incrementando ambiente e toponomastica. I Bandini e i Biondi a Casa Biondo, i Papi a Casa Mora, i Cherici a Casa Chierico e i Sordi a Bologna sono alcuni fra i molti esempi di “ fortune” dinastiche il cui ricordo è perpetuato dalla fisonomia dell’ambiente.”
La famiglia Bandini sarà in particolare legata alla costruzione dell’oratorio barocco di Casa Biondo e della fontana, ora edicola religiosa, che ha una particolare assonanza stilistica a quella di Bologna tanto da far pensare alle stese maestranze per la costruzione.
La costruzione dell’oratorio di Casabiondo terminò nel 1707 (data incisa nel portale dell’ingresso), esattamente 3 anni dopo che i Sordi avevano inaugurato la chiesetta a Bologna (1704) e non è insensato pensare che fra la famiglia Sordi e quella dei Bandini sia sorta una specie di “rivalità” che andava oltre i temi religiosi ma dettata soprattutto da prestigio sociale e familiare. Comunque l’origine di questa chiesetta si deve all’iniziativa del Reverendo Angelo Bandini che nel suo testamento nell’anno 1682, dispone che i suoi beni vadano al nipote il quale però dovrà costruire un oratorio a Casa Biondo nel popolo di Menzano e dedicato all’Immacolata Concezione. Probabilmente ancora nel 1711 si pensa che l’oratorio non fosse finito completamente di costruire, ma soprattutto, è importante per mettere bene a fuoco l’architettura della chiesetta, quanto riportato nel volume “Piandiscò, un borgo e una pieve” autori Sassolini- Dezza “ in tutta la documentazione archivistica in nostro possesso non si trova alcuna descrizione, ne tantomeno si valuta l’importanza artistica del piccolo e fantasioso edificio barocco, nè vien fatto accenno agli artisti, soprattutto scultori, che vi hanno posto mano. Eppure l’oratorio Bandini costituisce una preziosa rarità in una zona – il Valdarno – che è invece ricca di valori architettonici e decorativi di altre epoche e di altri stili “. Mentre l’interno dell’oratorio è costituito da un solo ambiente con il soffitto a volte a crociera, che da un documento del 1820 risulta dipinto, è la facciata esterna la parte più interessante in quanto unica in tutta l’architettura religiosa del Valdarno e della Toscana. Di fronte ad un portale che risente ancora dell’architettura del Seicento e in linea quindi con i modelli del periodo in cui la chiesetta venne costruita, soprattutto fa riflettere e pensare la parte superiore, composta da un bellissimo frontone concluso a spirali. Il frontone è coronato con una specie di lanterna- pinnacolo traforata e sormontata da una croce con ai lati due alti , sfarzosi candelieri laterali che racchiudono un vaso e conchiglie, un’ architettura non confacente a nessun tipo di barocco della vallata, ma che ci rimanda ad esperienze barocche meridionali ed iberiche, la chiesetta ha un piccolo ma elegante campanile a vela con piccoli pilastri e spirali. Proprio per questa differenza sostanziale fra l’architettura del portale d’ingresso e il frontone, viene da pensare che la chiesetta abbia subito una cinquantina di anni dopo la costruzione, quindi verso il 1760, una modifica affidando il nuovo disegno ad un architetto importante e di chiara fama.
Durante la bellissima escursione ad anello a Menzano fatta dal gruppo “Quelli del Martedì” il 14 Maggio scorso, quando passammo da Casabiondo non fermandosi all’oratorio per colpa della fretta o altro, una signora partecipante e nostra socia CAI, mi disse che nel Portogallo aveva visitato una chiesetta con la parte superiore della facciata molto simile a quella che stavamo oltrepassando. Io le feci presente che lei forse aveva visitato ad Oporto la chiesa dell’Accoglienza delle ragazze orfane della Madonna della Speranza, chiesa progettata dall’architetto Niccolò Nasoni e che effettivamente nella parte superiore della facciata della cappelletta portoghese vi erano molti caratteri architettonici simili a quelli del frontone dell’oratorio di Casabiondo.
L’architetto Niccolo Casoni (1691- 1773) nacque a San Giovanni Valdarno , formatosi a Siena fu uno dei principali architetti del Settecento portoghese dove operò prevalentemente nella regione di Oporto. Il Nasoni non dimenticò mai la sua terra natale (si definiva “fiorentino naturale della Terra di San Giovanni di Valdarno di Sopra) e qualche volta vi ritornava. Può darsi benissimo che in una delle sue “rimpatriate”abbia avuto una commissione da parte di qualche personaggio della famiglia Bandini, che aveva in quel periodo un canonico importante, considerato e erudito a Fiesole. Sappiamo che quel canonico era Angelo Maria Bandini (1726-1803) il quale aveva viaggiato molto in Europa ed era in contatto con i Cavalieri di Malta, la cui sede era un crocevia di incontri, scambi culturali e politici e può darsi benissimo che in qualche occasione il canonico abbia conosciuto l’architetto Nasoni al quale avrebbe che commissionato il restauro della parte superiore della facciata della cappella.
L’oratorio rimase della famiglia Bandini fino al 1842, poi passò alla famiglia Cherici che lo tenne fino al 1984, quando ormai ridotto in condizioni disastrose e tutto pericolante fu acquistato dal comune di Piandiscò. Già nel 1942, in pieno tempo di guerra, la chiesetta era stata notata dall’architetto Morozzi, che vent’anni dopo definì l’oratorio “raffinatissimo e di spirito non comune”. Nel 1984 fu iniziato il restauro curato dal comune di Piandiscò come proprietario, che ha ridato nuova vita alla piccola chiesetta perché riportata esternamente e internamente ai quei caratteri originali che l’avevano contraddistinta dalle altre cappelle religiose della zona.
Si legge nel volume “Piandiscò, un borgo e la sua pieve “ a pag 154 “ Al di là di queste brevi note, l’oratorio Bandini merita un approfondito studio che chi scrive ( Sassolini- Dezza) si propone di condurre: la speranza è di trasformare l’entusiasmo della ricerca nel piacere della conoscenza che aumenta lo stupore e l’appagamento estetico di fronte a un’opera d’arte”.
Foto e testo di Vannetto Vannini