Montebòrgnoli è una località del Casentino nel comune di Ortignano Raggiolo . L’abitato si trova a quota m. 685 s.l m. sotto il Poggio Civitella sul crinale che divide Ortignano dal comune di Castel Focognano. Nella vecchia carta topografica IGMI è indicato molto bene, in altre invece solo come “podere Montebòrgnoli”. Non ci sono indicazioni stradali e l’abitato non risulta compreso fra le frazioni del comune ma considerato evidentemente solo un piccolo insediamento rurale comprendente una quindicina di case, non c’è nessun negozio e neanche la chiesa. La strada per arrivarci proviene da Petrella ed è piuttosto malandata, nei dintorni vi sono estesi boschi di castagni con numerosi vecchi seccatoi (metati) che stanno ad indicare quale era il tipo di economia prevalente in passato.
Il nome “Montebòrgnoli” deriva dal fatto che una volta la famiglia o le famiglie proprietarie della zona portavano il cognome “Borgnoli”. Da questa località scende un sentiero che, facendo parte dell’antico reticolo viario medievale, con diversi tornanti arriva a Badia a Tega e il panorama che si gode dalle case è ampio e altamente suggestivo. Montebòrgnoli, a differenza degli abitati e paesi vicini, non ha nessuna storia antica, è stata una piccola comunità d’altura legata ai ritmi delle stagioni, allo sfruttamento delle selve di castagni, all’allevamento soprattutto ovino, alla transumanza, al bosco e a una povera agricoltura di montagna. Nonostante che ancora oggi l’abitato sia in parte sconosciuto a tantissime persone, Montebòrgnoli ha una storia recente molto importante che non può essere dimenticata.
Per la sua posizione dominante che si prestava molto bene alla difesa e al controllo dei movimenti di uomini e mezzi giù nelle valle, fu sede di un importante comando partigiano nella primavera/estate 1944, per questo fu distrutto dai tedeschi che fecero vittime civili. Attualmente le case del paese sono state ristrutturate e usate dai proprietari soprattutto come seconda casa. Vi è una casa vacanze molto bella (www.casavacanzelaura.it).
Dopo l’otto Settembre 1943, anche in Casentino molte persone salirono in montagna per sottrarsi ai tedeschi e alle leggi della pseudo Repubblica di Salò, erano antifascisti di vecchia data insieme a militari e prigionieri dei campi di concentramento di Laterina , Renicci e Poppi. La situazione era delicata e pericolosa e necessitava di comandanti e persone con esperienza di guerra e idee chiare . Il 23 Novembre a Subbiano fu fatta una riunione in cui fu deciso la costituzione di una formazione partigiana comprendente tutti i gruppi armati che operavano già nel Casentino e nell’aretino, questa formazione, in onore del primo caduto della Resistenza aretina, avrebbe assunto la denominazione di XXIII Brigata Garibaldi “Pio Borri” e sarebbe stata comandata dal casentinese capitano dell’esercito Siro Rosseti (classe 1919); successivamente la Brigata, avendo incorporato altre formazioni, assumerà poi la denominazione di Divisione Partigiani “Arezzo”. Faceva parte della XXIII Brigata il Gruppo Casentino, organizzata e comandata dal tenente di complemento Raffaello Sacconi ( classe 1915). Raffaello Sacconi era nato in Friuli da genitori toscani, chiamato alle armi aveva partecipato alle operazioni di guerra in Jugoslavia. L’8 Settembre si trovava in licenza a Bibbiena in quanto suo padre era capostazione a Rassina, e cominciò subito ad organizzare la formazione partigiana chiamata appunto “Gruppo Casentino” che prese una posizione apolitica portando come emblema la coccarda tricolore fornita dalle ragazze di Bibbiena. Nel suo libro” Partigiani in Casentino e Val di Chiana” Raffaello Sacconi (nome di battaglia “Capitano Sandri”) scrive che “ in merito alla coccarda tricolore, reputo opportuno precisare che questa non fu mai imposta: alcuni partigiani preferirono la stella rossa,mentre la “Compagnia Volante” aveva per emblema la bandiera rossa”. Per la fine del 1943 e per i mesi di Gennaio e Febbraio 1944, i partigiani svolsero attività prevalentemente organizzativa vivendo presso le loro famiglie e compiendo azioni generalmente poco impegnative, tese più che altro a promuovere azioni di disturbo , procurare armi, munizioni,materiali, viveri e nascondere presso contadini in montagna i militari sbandati del disciolto esercito ed ex prigionieri di guerra evasi dai quattro campi di concentramento esistenti in provincia di Arezzo. All’inizio di Marzo 1944, per una serie di avvenimenti come il bando di chiamata alle armi delle classi 1924 e 1925 della pseudo Repubblica Sociale, i partigiani abbandonano le proprie abitazioni e si riuniscono in montagna: ha inizio così la vera guerriglia.
Il Gruppo Casentino al comando del ten. Sacconi Raffaello, forte di sette compagnie pone il proprio comando a Monteborgnoli e la convivenza con le poche famiglie dell’abitato rimase sempre ottima, i partigiani si sistemano sia nelle stalle che nei numerosi seccatoi dei dintorni e nei momenti liberi aiutano la popolazione nei lavori dei campi. La formazione conserva la denominazione “ Gruppo Casentino” fino al 26 Maggio 1944, quando con la morte del valoroso comandante della 4° Compagnia- Compagnia Volante, i cui componenti si erano autonominati “I Ribelli della Teppa”, assume la denominazione di Battaglione “Licio Nencetti” (Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria).
I partigiani rimangono a Montebòrgnoli quasi interrottamente fino all’11 Luglio ’44. Quel giorno, alle prime luci dell’alba, piomba sul paese un reparto di SS tedesche specializzato nei rastrellamenti in montagna , riesce a vincere la resistenza dei partigiani e a mette a ferro e fuoco le abitazioni, ritirandosi poi porta con se un gruppo di civili che verranno passati per le armi nei giorni successivi. Montebòrgnoli brucia tutto il giorno e i partigiani ritornati prestano soccorso agli abitanti cercando di sottrarre dalle fiamme il salvabile.
La stessa tragedia si è ripetuta un po’ in tanti altri paesi di montagna ed è il contributo pagato dalla popolazione per aver accolto bene e solidarizzato con coloro che hanno combattuto per la nostra liberta.
Il Battaglione “Licio Nencetti” che aveva avuto a Montebòrgnoli la propria base continua a combattere per la liberazione del Casentino e il 4 Ottobre ’44, quando tutta la vallata è stata liberata la formazione viene sciolta con una cerimonia a Bibbiena, dove vengono consegnate le armi al comando alleato. Ogni partigiano riceve il diploma di benemerenza a firma del generale Alexander.
Nel dopoguerra, il capitano Siro Rosseti, ufficiale in servizio permanente effettivo dell’esercito , prosegue la carriera militare arrivando al grado di “Generale” ed ebbe delicati incarichi nel SID (Servizio Informazioni Difesa) . Anche il tenente Raffaello Sacconi, passato per meriti di guerra da ufficiale di complemento ad effettivo nell’esercito italiano, arriva al grado di “Generale”. Il comune di Bibbiena gli ha intitolato una piazza della cittadina.
Testo e foto di Monteborgnoli di Vannetto Vannini