La villa-castello di Sammezzano, circondato da un ampio parco si erge sopra al paese di Leccio. Ha assunto la forma attuale grazie all’opera di Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona (nato a Firenze il 10 marzo 1813 e morto a Sammezzano il 18 ottobre 1897) che trasformò ed ampliò l’edificio preesistente nel periodo compreso tra il 1843 e il 1889.La storia del luogo è però assai più antica: si può risalire all’epoca romana e continuare nei secoli successivi. Il grande storico Davidsohn, nella sua “Storia di Firenze” afferma che nel 780, lo stesso Carlo Magno di ritorno da Roma dove aveva fatto battezzare il figlio dal Papa, potrebbe esservi passato:” . Molti secoli più tardi il castello appartenne alla famiglia fiorentina dei Gualtierotti, che l’avrebbe conservato fino al 1488; passò poi tra le proprietà di Bindo Altoviti e poi tra quelle di Giovanni Jacopo de’ Medici, marchese di Marignano. Nel 1564 il Granduca Cosimo I creò la cosiddetta bandita di Sammezzano (un vasto territorio corrispondente a buona parte dell’attuale territorio del comune di Reggello, nel quale non era consentito pescare o cacciare senza permessi), che donò al figlio Ferdinando, futuro Granduca. Il castello-villa di Sammezzano fu acquistato nel 1605 dagli Ximenes d’Aragona e passò in eredità nel 1816 ai Panciatichi. Tali beni restarono alla famiglia Ximenes d’Aragona fino all’ ultimo erede, Ferdinando, che morì nel 1816. In un cabreo del 1818 (quindi prima delle modifiche apportate da Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona il castello appare come una struttura di consistente volumetria, con bastione e scalinata d’entrata, nella parte opposta a quella delle attuali scale di accesso e di cui oggi non c’è più traccia. Poi in seguito ad un lungo processo relativo al testamento di Ferdinando Ximenes, i beni, il nome, lo stemma ed i titoli della famiglia Ximenes d’Aragona, passarono al primogenito di sua sorella Vittoria, moglie di Niccolò Panciatichi, che diventò unico erede dei Panciatichi e degli Ximenes, compresa la vasta tenuta di Sammezzano. Ferdinando fu uomo attivissimo, esperto di scienze, filantropo, mecenate, collezionista. Fece parte di innumerevoli enti. Allo stesso tempo fu uomo politico molto impegnato: di idee liberali e fiero anticlericale, fu consigliere nel Municipio di Reggello e di Firenze. Fu eletto per due volte deputato del Regno tra il 1865 e il 1867. Pur senza laurea, fu ingegnere, architetto, geologo. Ciò gli permise di pensare, progettare, finanziare il castello realizzando in loco e con manodopera locale gran parte dei materiali di cui lo stesso è fatto. All’opera di Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, nella duplice veste di committente ed architetto, si deve l’aspetto attuale del complesso. La prima testimonianza degli interventi neomoreschi condotti da Ferdinando è del 1853. Sull’onda della corrente culturale definita “Orientalismo” che si diffuse in tutta Europa dall’ inizio dell’Ottocento, Ferdinando iniziò a modificare la struttura esistente e realizzare nuove sale: al 1863 risale la costruzione della Sala Bianca e al 1870 l’esecuzione della Galleria fra la Sala degli Specchi e l’ottagono del Fumoir. Il crescendo delle realizzazioni riguardava poi le Sale dei Pavoni, dei Gigli, delle Stalattiti, dei Bacili spagnoli, degli Amanti. Nel 1889 veniva innalzata al centro della facciata l’aggettante torre-porta. In questi spazi ampi esplodeva la fantasia di un inesauribile campionario di capitelli, peducci, archi, portali, volte a ventaglio, cupole, pennaccchi grondanti ricami; di rivestimenti con arabescate filigrane di gesso. Allo stesso tempo, come esperto ed appassionato di botanica, Ferdinando riorganizzò un’ampia area circondante il Castello, estesa circa 65 ettari, il cosiddetto Parco Storico. Il parco della villa di Sammezzano, uno dei parchi più vasti della Toscana. Intorno all’antica “ragnaia” formata da una fustaia di lecci, collocò oltre 130 piante rare ed esotiche che dovevano introdurre progressivamente il visitatore o l’ospite alle meraviglie dello stile “moresco” della Villa-Castello. Il Castello ed il suo Parco Storico costituiscono davvero un “unicum” di notevolissimo valore storico-architettonico ed ambientale. Un patrimonio botanico inestimabile formato non solo dalle specie arboree introdotte ma anche da quelle indigene. Tra le prime le più conosciute sono senza dubbio le sequoie della California (Sequoia sempervirens, Sequoiadendron giganteum) che hanno trovato a Sammezzano condizioni ideali, come dimostrano le notevoli dimensioni raggiunte da questi alberi in soli 150 anni. Fra queste la cosiddetta “sequoia gemella” alta più di 50 metri e con uno circonferenza di 8,4 metri, che fa parte, tra gli alberi monumentali d’Italia, della ristretta cerchia dei “150 alberi di eccezionale valore ambientale o monumentale”.Tra le specie indigene meritano di essere citate numerose specie di querce: il leccio, la farnia, il cerro, la roverella e, altra rarità, la sughera. Negli anni ’70 la villa castello di Sammezzano fu trasformata in albergo ristorante, attività che continuò fino alla fine degli anni ’80. Dopo alterne vicende, alla fine degli anni ’90 la proprietà è passata ad una società italo-inglese con l’intenzione di realizzare un ambizioso e complesso piano di intervento per farne una struttura turistico ricettiva che però allo stato attuale non è stato minimamente intrapreso anzi tutto il complesso è in stato di semi abbandono. Grazie alla disponibilità della proprietà, alcune volte l’anno (normalmente maggio/giugno e ottobre) un comitato di volontari, organizza aperture del castello con visita guidata.