La Badia di San Bartolommeo a Ripoli

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La Badia di Ripoli secondo un documento chiamato  Chartula Offertionis, sulla cui autenticità vi sono però dei dubbi,  sarebbe stata fondata nel 790; in quel documento si afferma che il monastero venne eretto fin dalle fondamenta dal nobile longobardo Adonald all’inizio dell’VVIII secolo per le donne della sua famiglia.  Alla comunità femminile subentrarono i monaci benedettini. Il 10 giugno 1092 risulta come abate Bernardo. I successori, posti sotto il controllo del vescovo di Firenze, ricevettero diversi privilegi dai pontefici Anastasio IV il 24 ottobre 1153, Adriano IV il 1º maggio 1156, e per ben 3 volte da papa Alessandro III tra il 1163 e il 1168. Fu in quegli anni che sorse una prima grande chiesa abbaziale, a sostituire la chiesetta più antica che doveva somigliare alle vicine pievi di San Pietro o di San Marcellino. Nel 1187 il papa Gregorio VIII concesse il monastero all’ordine Vallombrosano. Il capitolo di San Bartolomeo elesse nel 1197 quale abate Benedetto e durante il suo governo l’abbazia riprese a godere di una notevole autonomia. Tale autonomia era malvista dalla diocesi di Firenze ma l’ordine Vallombrosano aggirò ogni problema chiedendo sistematicamente la conferma della protezione apostolica alla Santa Sede. Alla fine del XIII secolo la badia era molto ricca tanto da avere un imponibile di 45 lire annue. Nel XIV secolo l’autotomia dell’abbazia iniziò a diminuire e nel 1310 fu obbligata a pagare le tasse al vescovo che ebbe anche il diritto di confermare o meno l’abate eletto. Nel 1452 il vescovo Antonino Pierozzi liberò l’abbazia dal patronato dei Castiglionchio di Quona, eredi dei diritti dei signori longobardi che l’avevano fondata (all’evento allude la lapide posta ancora oggi sopra il portale). Nella seconda metà del XV secolo divenne l’infermeria e la residenza invernale dell’Ordine che intanto era stato profondamente riformato da papa Pio II che ne limitò molto l’autonomia istituzionale e la vita ascetica. Nel frattempo, durante l’assedio di Firenze del 1529-30, l’abbazia fu saccheggiata pesantemente dalle truppe di Filiberto D’Orange. Il legame con Vallombrosa divenne sempre più stretto, tanto che dal 1550 divenne la sede stabile del Generale dell’ordine (fino alle soppressioni del 1808) e, grazie anche a questo nuovo status, furono varati dei lavori per adeguare chiesa e cenobio. Molte e ripetute furonoi le fasi dei lavori: nel 1585 la sagrestia fu spostata dov’è adesso e nel 1597 fu sostituita l’abside romanica del coro, fu rifatto il pavimento interno e vennero realizzati tre altari laterali e il transetto. Nel 1598, l’abate Erasmo da Pelago fece rialzare il tetto. Nei decenni successivi vennero aperte nuove finestre, fu coperta la navata a volta e intonacate le pareti interne ed esterne, anche del campanile. Nel 1664 si ebbe la creazione del portico esterno. Nel 1746 fu ristrutturata la parte della cripta. Tra il 1808, anno della fine del possesso vallombrosano per la soppressione napoleonica del cenobio, e il 1821 la chiesa venne eretta a parrocchia e il vicino monastero destinato per alcuni decenni a un uso civile. Nel 1892 il campanile crollò sulla chiesa e la casa canonica. I susseguenti lavori di restauro furono guidati dall’ingegner Filippo Gomez che oltre al ripristino delle parti crollate modificò la facciata, che fino a quel momento era intonacata e bugnata, aprendovi un finestrone rettangolare e impostando il timpano come appare attualmente. La cripta della vecchia chiesa venne invece nuovamente restaurata nel 1931, cercando di riportare alla luce l’aspetto romanico originario; in tale occasione si ristrutturò radicalmente anche la chiesa, ricreando il soffitto a capriate lignee. La chiesa abbaziale originaria aveva una pianta a croce commissa con abside semicircolare, cripta e campanile cuspidato. Più basso dell’attuale, l’edificio originario era in pietra alberese chiara.La facciata attuale a capanna, preceduta da un portico seicentesco, si presenta nella veste conferitole dopo i restauri conseguenti al terremoto del 1895 e mostra un oculo in laterizio al posto del finestrone ma sono visibili due fasi distinte di costruzione. La più antica mostra un paramento murario fatto con bozze di calcare alberese chiaro disposto a filaretto mentre la più recente, in corrispondenza del timpano, è stata realizzata con conci di pietraforte. Sopra l’ingresso una lapide che ricorda la liberazione del 1452 dai patronati feudL’interno è a una sola navata con sottostante cripta. Questa, absidata originariamente, aveva un impianto a cinque navatelle con abside semicircolare e transetto databile all’XI secolo. Attualmente si presenta a tre navate di sei campate con copertura a crociera. È probabile che la cripta rappresenti quello che resta, almeno in pianta, dell’originaria chiesetta longobarda.

Notevole è il patrimonio di quadri ed aredi che merita una visita attenta.

 

 

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