Il Sistema Castellare di Lucolena (Prima parte)

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Il territorio intorno a Lucolena era un perfetto sistema di controllo della strada che dal chianti (Radda) arrivava a Ponte agli Stolli e della parte superiore del torrente Cesto. Vi mostriamo una cartina che denota a prima vista que-sto sistema castellare.

Il CASTELLO DI LUCOLENA

Due sono le possibili etimologie del toponimo “Lucolena: La prima si riferisce al cosiddetto “sasso scritto” trovato a Fonte Santa, sopra l’Antella: frasi scritte in lingua etrusca indicanti i confini delle tribù dei Corsina e degli Euleni (Lucus Euleni:bosco sacro agli Euleni, quindi Lucolena). Il secondo che fa derivare il nome dal latino: Lucus Lenae: bosco sacro a Lena, sacerdotessa di un tempio dedicato a Vesta, dove poi si eresse la Torre degli Azzi, ma già utiliz-zato dai Romani, come luogo di sosta, nella strada trasversale che univa la Cassia Adrianea a quella che transitava più ad ovest, verso Strada e Cintoia, entrambe nella direttrice sud-

IL CASTELLACCIO DI LUCOLENA

Il primo sito incastellato di Lucolena è posto su di un colle a nord dell’attuale abitato. Gli studi archeologici che fino-ra sono stati condotti nel sito del Castellaccio indicano, come abbiamo già detto, la presenza di almeno tre fasi co-struttive del primitivo castello di Lucolena:
 La fase più antica è quella della costruzione della torre del cassero, molto probabilmente l’antica Torre degli Azzi qualitativamente molto raffinata (fine XII secolo? Posizionata al limite della zona D);
 La seconda fase riguarda lo sviluppo della stessa area “D” con la costruzione di altre strutture e della prima cinta muraria con porta sul lato nord;
 Infine lo sviluppo dell’abitato, poi fortificato con altre mura, (area B ed A) della seconda torre e di altri ambienti.
Il sentiero giunge all’area definita nella pianta con la lettera “C”, che sembra costituire una cesura tra le altre tre zone (“A”, “B” e “D”). Si tratta probabilmente di un’area nella quale doveva essere un fossato, collocato immediata-mente alla base delle mura del cassero, di cui rimangono tracce evidenti dell’angolata ovest.

L’area “D”, che è stata oggetto di scavi negli ultimi tre anni, è chiaramente identificabile, per il tipo di paramento murario e per la posizione dominante rispetto al resto dell’abitato, come la zona più antica del castello, probabil-mente assimilabile al sito del cassero. Salendo sulla parte più alta del rilievo è possibile notare, sul lato sinistro alcu-ni ambienti di grandi dimensioni con muretti alti circa 30-50 centimetri che definiscono edifici e vani di cui, con ogni probabilità, era composto il cassero. Essi sono tutti collocati in stretto rapporto, anche se sembrano più tardi, con una struttura centrale: la torre rettangolare che occupa l’angolo orientale del primo circuito murario castellano. Tutti gli ambienti sono stati costruiti con pietra arenaria tagliata in medie dimensioni disposta in filari regolari e pa-ralleli: una tecnica di lavorazione che daterebbe questa struttura almeno ai secoli XII-XIII. Si tratta infatti di una mu-ratura particolarmente raffinata, soprattutto per la finitura detta a subbia corrente (ottenuta per sfregamento di uno scalpello a punta) della superficie delle pietre abbellite da un nastrino che circonda tutto il perimetro delle boz-ze.

Sul lato interno settentrionale della torre si nota la presenza di uno scalino lungo tutto il muro la cui funzione non è ancora molto chiara, mentre sul lato occidentale è possibile identificare una soglia di grandi dimensioni che indica l’imposta di una porta di accesso, ancora oggi ben visibile e riccamente lavorata. Immediatamente a sud della torre si trova un piccolo ambiente rettangolare forse utilizzato come deposito di beni o derrate (celliere). Sempre nell’a-rea del cassero vi sono inoltre molte scorie ferrose e alcune pietre rosse e nere che portano tracce evidenti di lavo-razione di una fornace per calce, utilizzazione conosciuta almeno fino all’immediato dopoguerra che lascia intuire anche la trasformazione dei resti come cava di pietra. Tra i ritrovamenti archeologici più significativi vi sono alcune monete che datano la frequentazione del sito tra XI e XIV secolo e frammenti ceramici acromi di difficile datazione. Negli strati di crollo del soffitto si sono ritrovate grandi lastre di ardesia, che potrebbero essere identificate come la copertura dei tetti degli edifici del castello. Interessante il rinvenimento, al di sotto della torre, di una serie di cera-miche databile al periodo etrusco-romano, che lascerebbero ipotizzare la frequentazione del sito fin dall’Età classi-ca: in quest’area sono state rinvenute molte tegole etrusche con impasto grezzo e granuloso, databili molto probabilmente al

III sec. a.C. Scendendo verso sud lungo la strada che attraversava l’intero insediamento, si supera il sito del fossato (area “C”) per giungere in quella che si può supporre fosse la parte più densamente abitata. Purtroppo qui non so-no stati ancora effettuati scavi sistematici, ma una ripulitura superficiale ha messo in evidenza l’esistenza di una serie di ambienti di grandi dimensioni, i cui paramenti murari appaiono leggermente più irregolari rispetto a quelli del cassero, e per questo databili ad un periodo più tardo rispetto alla torre. Da un ambiente molto ampio di que-st’area provengono alcuni materiali di periodo etrusco, misti a ceramica medievale, ma la notevole quantità di scas-
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si abusivi non permette una lettura chiara della stratigrafia. Il terzo ambiente presente nella parte più meridionale dell’area “B” costituisce una delle sezioni delle mura meglio conservate e più elevate dell’intero castello e sul lato settentrionale di questo vano sono stati ritrovati moltissimi materiali, anche di notevole qualità: ceramica da mensa databile al Duecento, tra cui torcioni e boccali. L’area “A” del castello è infine occupata da una struttura che sembra riproporre l’impianto di una torre, a sud della quale si erge una cisterna di forma rettangolare addossata alle mura e piuttosto ben conservata. Si tratta di un ambiente ricavato tra le mura del castello e le strutture interne ad esso, la cui riconoscibilità è resa possibile anche dalla presenza di un intonaco rossastro (cocciopesto) a tratti ancora ben conservato che aveva una funzione impermeabilizzante delle pareti della cisterna. Addossate ad essa e alla seconda torre dell’abitato, si notano tracce evidenti di un secondo circuito murario che forse riproponeva in corrispondenza della porta meridionale lo stesso apparato difensivo del cassero. Dal centro dell’area “B” verso ovest è possibile, percorrendo un altro sentiero, scendere verso la chiesa di San Cristofano, la cui facciata si trova proprio sul sentie-ro, parzialmente inglobata in corpi di fabbrica più recenti ed oggi parte integrante della fattoria del Castellaccio.
(La descrizione del Castellaccio è a cura del Gruppo Archeologico di Greve, le foto sono nostre).

CONTINUA NEL PROSSIMO NUMERO DEL GIORNALINO)

Lorenzo Bigi

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