Faeto è una delle frazioni montane del comune di Loro Ciuffenna, situata su un rilievo del Pratomagno a quota 612 m e a 9 km di distanza dal capoluogo, è interessata dai sentieri Cai 39 e 49. Il paese è molto piccolo, poche case intorno alla chiesa dedicata a Santa Maria e lungo la strada comunale. Il nome “Faeto” deriva sicuramente dalla parola latina “Fagus” (Faggio) visto che poco sopra alla borgata vi sono estesi boschi di questa pianta di montagna. È posto in costa sulla pendice meridionale di Pratomagno, fra i torrenti Ciuffenna e Agna, Il paese è rammentato nel diploma concesso nel 1356 dall’ imperatore Carlo IV alla città di Arezzo. La piccola chiesetta di montagna, oggi dipendente dalla Parrocchia di San Giustino Valdarno, conserva una pala di altare restaurata recentemente e attribuita a Neri di Bicci (1419 – 1492/93), artista fiorentino discendente da una affermata famiglia di pittori. La pala merita di essere ammirata con la richiesta che si può fare ad una signora che abita vicino alla chiesa. Come si legge nel libro “NERI DI BICCI – L’assunzione della Vergine di Faeto in Pratomagno- Storia e restauro” a cura di Paola Refice e Isabella Droandi, edito da Edifir-Edizioni Firenze nel mese di Dicembre 2011, la datazione dell’opera è 1475- 1485. Il dipinto è una tempera grassa su tavola fondo oro (cm 150×134) con cornice modanata, dorata e dipinta non originale; rappresenta l’Assunzione della Vergine con i Santi Fabiano e Sebastiano, San Tommaso, angeli e il committente. Da ricerche fatte, sembra che il dipinto si trovasse nella chiesetta di Faeto già nel 1734. Maestro di Francesco Botticini e Cosimo Rosselli, frequente collaboratore di Luca della Robbia e Giuliano da Maiano, che spesso gli affidavano manufatti lignei o lapidei da decorare, apprezzato da una committenza ampia ed eterogenea, l’artista stabilisce un rapporto privilegiato con l’ordine monastico camaldolese, che lo introduce in quest’area – Valdambra e Valdarno superiore – nel 1471 assegnandogli l’esecuzione della fastosa Incoronazione della Vergine per l’abbazia di San Pietro a Ruoti (Bucine), seguita dopo il 1475 dalla tavola di soggetto analogo destinata al convento francescano di Montecarlo (San Giovanni Valdarno) e dall’Assunzione oggi a Faeto. La presenza nella composizione di Fabiano, con le insegne papali, e Sebastiano, in elegante foggia cavalleresca, rende plausibile la provenienza del dipinto dalla chiesa della Traiana (Terranuova Bracciolini), eretta nell’ultimo trentennio del XV secolo e intitolata proprio ai due santi tradizionalmente invocati contro le epidemie di peste. Agli inizi del Settecento, in vista di una ristrutturazione dell’edificio sacro, l’opera, ritenuta stilisticamente superata, sarebbe stata inviata nella più marginale chiesa di Faeto, scelta forse per la perfetta corrispondenza tra l’intitolazione alla Vergine Assunta e il soggetto del dipinto. A Faeto la tavola fu oggetto di una prima ridipintura nel 1786 e di una seconda, molto più estesa, nel 1899. In quell’occasione l’ignoto pittore sostituì la Sacra Cintola nella mano destra di Maria con un rosario – il cui culto si diffuse particolarmente in età post-tridentina intorno al massiccio del Pratomagno – e intervenne in prossimità delle congiunture centrali del supporto ligneo, talvolta sovrapponendosi alla pellicola pittorica originale, talvolta rimuovendola totalmente e sostituendola con un nuovo strato. Eliminate le pesanti ridipinture, dinanzi alle gravi lacune che investivano la metà destra del volto della Vergine e l’intera mano sinistra, si è scelto con responsabilità e coraggio di integrare le parti mancanti evitando di riconsegnare alla comunità dei fedeli un’icona fortemente mutilata quindi incompatibile con le ancor vive esigenze liturgiche e devozionali.
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