In primavera è gradevole passeggiare lungo l’Arno e l’Ambra, osservando e raccogliendo, a volte, piante selvatiche spontanee che crescono sia sulle le sponde dei due fiumi che ai margini dei campi delimitanti il sentiero; anche se ultimamente l’incuria ha fatto si che rovi, ortiche, ecc… colonizzassero il già precario sentiero, impedendone il passaggio anche ai più determinati escursionisti. È stato durante queste passeggiate che ho notato un gruppo di piante ombrellifere (caratterizzate da una inflorescenza tipica ad ombrella) formanti una specie di boschetto a se stante lungo la sponda del fiume. La curiosità mi ha spinto ad osservarle con più attenzione ed ho così scoperto che una è l’Ebbio (sambucus ebulus), pianta dall’odore sgradevole le cui parti vedi sono da considerarsi velenose, l’altra, con mia grande sorpresa, è la CICUTA MAGGIORE (conium maculatum) Ed è proprio su questa pianta, inosservata ospite del nostro territorio, che voglio dire e ricordare qualcosa. La Cicuta o Conium maculatum (dal greco konion significa uccidere) è una pianta Ombrellifera molto velenosa. Il veleno che contiene è la “coniina”, un alcaloide tossico che agisce sulle sinapsi provocando l’interruzione nei collegamenti dei nervi che comandano i muscoli. La paralisi comincia dalla gola con grandi difficoltà ad inghiottire, poi interessa i muscoli delle gambe e sale fino ad interessare i muscoli del torace paralizzando infine i movimenti respiratori. Si muore per asfissia e non è una bella morte. Pianta erbacea biennale dall’odore sgradevole e nauseante che fa ricordare l’odore dell’urina di gatto soprattutto se viene spezzettata. Il fusto in genere è maculato. Le foglie pennate più scure sulla faccia superiore ricordano il prezzemolo. Ombrelle con 8-15 raggi. E’ una pianta alta, evidente, più alta delle altre erbe che gli crescono intorno. E’ presente nei posti in cui cresce di solito un anno si ed un anno no.
Poiché l’ho incontrata allora questo è certamente l’anno si! Tutte le parti della pianta sono velenose e possono causare la morte per la presenza di coniina il cui contenuto nei frutti è al 2% e nelle foglie intorno allo 0,5 %. Essa agisce anche indirettamente se ci si alimenta con la carne di un animale che l’abbia mangiata. Niente paura! Per fortuna, gli animali erbivori sono più esperti dell’uomo perché la sanno riconoscere e non la mangiano. In dose inferiore a quella mortale, nell’antichità, veniva usata per i suoi effetti narcotici e antispasmodici, attualmente viene somministrata come antidolorifico. Ne deriva che il concetto di “veleno” è funzione anche alla quantità utilizzata! Per questo la sua somministrazione deve essere affidata esclusivamente ai medici.
E’ un veleno mortale molto potente, non giocateci !!!!
Non si può parlare della cicuta senza ricordare il filosofo greco Socrate che, riconosciuto reo di empietà dal giovane Meleto, fu condannato dai suoi concittadini a bere la cicuta nel 399 a.C. Della morte di Socrate, che non sapeva né leggere né scrivere, riferisce il suo discepolo Platone nel “Fedone”.
Il veleno della cicuta era ben noto ai greci, ai romani ed anche alla gente del medioevo che come antidoto consigliavano il vino puro. Evidentemente il vino non è un buon antidoto, visti gli effetti su Socrate, noto beone.
Vincenzo Monda