Il Ponte a Buriano

In Valdarno Pievi e Opere d'Arte a Castiglion Fibocchi

Gli “Annales Arretinorum Maiores” indicano nel 1277 l’anno di edificazione del Ponte a Buriano“Pons Buriani in agro arretino constructus”. Immagine152Questa mirabile opera di edilizia medioevale conserva ancora visibili  tra i fori delle centine  la scritta che riporta i cognomi  “ Accolti  1240” “ Chimenti 1240” (i nomi dei probabili finanziatori visto che si trattava di nobili famiglie,l’anno indica il possibile inizio dei lavori). Il nome  “Ponte a Buriano” e ,quindi la “a “, derivano da “pons Buriani” e da pontem de  Buriano; come e’ testimoniato da alcuni documenti che accertano l’esistenza di una localita’ ,nei pressi dell’attuale paese, Villa di Buriano. Gli storici sono concordi nel ritenere che l’attuale manufatto non sia il primo ponte ad unire le rive dell’Arno in questo punto. Infatti la costruzione è stata fondata sui pilastri di una precedente opera romana che, sebbene priva delle arcate originarie, per lunghi periodi avrebbe consentito il transito tra le due sponde, grazie ad una sovrastante struttura in legno.  L’ipotesi di un attraversamento molto antico pare suffragata oltre che dal fatto che da qui passavano: l’antica strada etrusca che univa Arezzo a Fiesole, in seguito il percorso della Cassia Vetus, quindi il tracciato paleocristiano che collegava le importanti pievi del Valdarno Superiore sulla sinistra e quelle del Casentino sulla destra, oltre al percorso tra Arezzo e Firenze. Notevoli sono anche i reperti di età romana rinvenuti nel territorio limitrofo. Il ponte ha sei ampie arcate (tecnicamente: ponte ad arco a via superiore) con robuste pigne triangolari, con rivestimento esterno in arenaria  che fanno loro da contrafforte come era uso nella costruzione dei ponti nel medioevo, che congiungono le due sponde con una lunghezza di 158 metri ed una larghezza di 5,80 metri, con un’altezza massima di 10 metri. Le arcate hanno dimensioni diverse tra loro ed un particolare profilo ad arco ribassato con una espreressione quasi gotica. Il ponte oggi utilizzato, è quindi vecchio di più di settecento anni, ma la sua vita non è sempre stata semplice. Spesso, infatti, si è dovuto ricorrere a cure, restauri e rafforzamenti. Oltre al normale logorio, dovuto al lento ma costante fluire dell’Arno, molte sono state le prove da superare. Tra queste le più importanti e pericolose sono quelle legate alla ciclicità delle piene che riversano sul ponte la prepotenza delle acque e dei detriti che precipitano a valle dal Casentino. Nel 1558 vennero rifondate le pile e nel corso del XVIII° secolo vennero riparate altre due volte. Alle cause naturali infatti si devono aggiungere quelle legate all’attività dell’uomo e tra queste quella connessa al trasporto del legname dalle foreste Casentinesi. Dal 1317 i frati camaldolesi, presero ad utilizzare il porto di Pratovecchio (attivo fino al 1863) per inviare, attraverso l’Arno, il legname verso Firenze, Pisa e Livorno . Per l’eccezionale qualità del prodotto il commercio divenne fiorente. Si parla, infatti, di tronchi, lunghi oltre 30 metri, molto ricercati dai cantieri navali. Dopo l’abbattimento e il trasporto a valle, i tronchi, una volta trascinati in acqua, venivano legati assieme per formare delle grandi zattere chiamate “foderi”. Quei convogli erano guidati giù per l’Arno dai “foderatori” i quali, per quanto abili fossero, non potevano evitare gli impatti contro i piloni del ponte che, spesso, servivano come appoggio per favorire la naturale curva verso destra che il fiume prende proseguendo verso Firenze. In tempi più recenti, durante la seconda guerra mondiale, il ponte ha rischiato di saltare in aria. Completamente minato dai Tedeschi e pronto ad esplodere, fu provvidenzialmente salvato da un’incursione dell’esercito alleato che riuscì ad evitare l’innesco fatale. Ma la fortuna e la notorietà del Ponte a Buriano, dipendono interamente dall’interesse che Leonardo da Vinci dimostrò per questo territorio. Una passione talmente intensa che da scientifica divenne artistica, tanto che il paesaggio dei calanchi del Valdarno Superiore, con la rappresentazione virtuale dell’Arno e del Ponte a Buriano, entrarono a far parte dello sfondo del quadro più famoso del mondo “La Gioconda”, la Monna Lisa di Leonardo, oggi conservata al Louvre di Parigi. Leonardo rileva e disegna molte volte il Ponte a Buriano, che lo colpiva perché inserito in quel sistema idro-geologico che lo aveva spinto a sognare una grande opera idraulica per la bonifica della Valdichiana. L’idea di un tale progetto idraulico spinse Leonardo ad interessarsi anche degli aspetti geologici del bacino aretino dell’Arno, facendogli scoprire lo straordinario paesaggio delle rocce de “le Balze” nel Valdarno Superiore. Infatti, le ricerche scientifiche e naturalistiche produssero delle suggestioni così forti da penetrare anche l’opera artistica. Gli sfondi dei dipinti che Leonardo da Vinci realizzava in quel periodo (oltre che nella “Gioconda” paesaggio e ponte sono prensenti anche nella “Madonna dei fusi”) non sono la rappresentazione di una realtà oggettiva, ma la sintesi visiva della veduta aerea di un territorio più ampio. Leonardo pone, alle spalle dei soggetti principali, la piana dell’Arno con il Ponte a Buriano, come se fossimo affacciati ad una finestra del piccolo borgo di Monte Sopra Rondine, mentre in lontananza, sullo sfondo, colloca le suggestive formazioni dei calanchi valdarnesi.

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