Il 21 Dicembre avviene il solstizio d’inverno, quel fenomeno astronomico in cui il sole raggiunge nel suo moto apparente lungo l’eclittica il punto di declinazione minima, pertanto abbiamo la giornata più corta e la notte più lunga dell’anno.
Il vocabolo solstizio deriva dalla parola latina “solstitium”, parola composta da “sol” – sole e “sistere” – fermarsi. Pur avendo ancora tutto l’inverno da passare, il solstizio invernale indica l’ora in cui la vita riemerge dopo un lungo periodo di stasi. Infatti qualche giorno dopo finisce l’anno e con il mese di Gennaio, le giornate aumentano le ore di luce e la natura torna a svegliarsi. Nei popoli antichi, nel giorno del solstizio invernale era usanza accendere fuochi per invitare il sole a tornare verso la terra e venivano ritenuti sacri tutti gli alberi che durante la stagione vegetale morta mantenevano verdi le foglie, le quali venivano considerate il legame fra il sole e la vita che ritorna. Quando il sole inverte la propria orbita e inizia il percorso ascendente, è un momento importante per la vita e non a caso è in questo periodo che tutte le religioni del mondo hanno stabilito la nascita del loro dio. Oltre a Gesù, Maometto e Budda, nasce nei giorni vicini al solstizio d’inverno Giove, Odino, il dio Mitra e il dio egiziano Horus, e sono proprio l’egiziani ad accendere in onore della nascita del proprio dio una piccola piramide di legno odoroso d’incenso. La scelta della piramide non è casuale in quanto questa forma geometrica concentra e invia in cielo, con un solo punto di lancio o di offerta, tutti i valori umani da mandare al dio. Anche nei paesi nordici, per festeggiare il solstizio d’inverno, viene presa una forma piramidale che è quella dell’abete, che da sempre è l’albero rappresentativo di quella importante notte e che poi è passato come elemento arboreo indispensabile nella iconografia natalizia. Nella letteratura è riportato che fu Martin Lutero che per il Natale scelse la pianta di abete come rappresentante arboreo, in effetti il teologo tedesco, molto attento alle antiche tradizioni del suo popolo, non fece altro che ufficializzare una pratica che da sempre era in uso fra le popolazioni germaniche della Foresta Nera. Fra l’altro era costume di quei popoli, e così anche fra i russi, che mentre si addobbava l’abete in casa con nastri e materiale rilucente, all’esterno della casa si bruciavano le frasche verdi di abete che sprigionando un acre odore di resina, odore che teneva lontano le streghe dalle abitazioni fino alla Epifania, durante la quale queste streghe si trasformavano in buone vecchie che portavano doni, pace e prosperità alla famiglia. Sempre nella tradizione natalizia si trova l’uso dell’agrifoglio (Ilex aquifolium), pianta che già era usata nei riti pagani precristiani. L’agrifoglio è una pianta dioica, (agrifoglio maschile e agrifoglio femminile), anche se si trovano fiori maschili e femminili insieme su certe cultivar ibride che però sono poco comuni. Normalmente piante maschili e piante femminili hanno bisogno di essere piantate vicine e insieme, perché l’impollinazione dei fiori possa permettere la produzione dei frutti. Questa pianta ha provocato la fantasia degli antichi popoli che vedono nella pianta maschile la forza che non fa entrare il malocchio e gli spiriti maligni dalle case per l’azione delle punte aguzze delle foglie, mentre nell’agrifoglio femminile, che porta le belle bacche rosse, il simbolo della fertilità e della bellezza. Elemento caratteristico del periodo natalizio è poi la pianta del pungitopo (Ruscus aculeatus), “ruscus” è il nome latino di alcune specie di rovi ed è possibile che questo termine derivi dal latino “rus” = campagna, in quanto questa arbusto non nasce in montagna ma in campagna e caratterizza la zona mediterranea fino a 700 m. di altezza. È una piantina maschile e femminile a cespuglio molto bella con aculei, viene anche usata in erboristeria per decotti e in cucina in quanto i giovani germogli primaverili del pungitopo costituiscono una verdura molto ricercata per il loro sapore leggermente amarognolo tanto che in alcune zone la pianta viene chiamata “Asparago pazzo” o “Sparagin selvatico”. Il nome “Pungitopo” sembra derivi dal fatto che i rametti di questa piantina venivano messi a difesa intorno ai salami per pungere e allontanare i topi che andavano a mangiare l’insaccato. La pianta femminile proprio nel periodo natalizio porta della bacche rosse che hanno fatto entrare questo arbusto nella tradizione di quel periodo. A pieno titolo nella coreografia natalizia entra anche il vischio (Loranthus europaeus) che dai botanici è chiamato “lo scroccone di Natale” in quanto, pianta parassita, vive alle spalle di almeno centosettanta specie di alberi, ma in modo particolare della quercia e del melo. Nel periodo di Natale, quando gran parte delle piante sono senza foglie e lanciano in alto i loro scheletrici rami perché la natura è spenta, i cespugli di vischio aggrappati ad una certa altezza sulle piante madri sembrano un addobbo natalizio con le foglie verdi e i frutti gialli. La tradizione popolare dice che baciarsi sotto una pianta che porta un cespuglio di vischio in fiore porta bene… La propagazione di questa pianta è dovuta agli uccelli che lasciano cadere il seme sopra agli alberi, dove poi attecchisce. Questo cespuglio in tempi precristiani è stato protagonista di riti e di superstizioni antichissime in quanto per gli antichi greci, il vischio era la pianta-lasciapassare usata da Persefone come chiave per aprire le porte dell’ inferno per raggiungervi il marito Ade e poi ritornare fra i vivi, mentre dall’Eneide sappiamo che Enea, con in mano un rametto di vischio, convinse Caronte a fargli attraversare il fiume Stige, uno dei cinque fiumi presenti negli Inferi, e incontrare il padre Anchise nel regno dei morti. Fra gli antichi popoli germanici che adoravano Odino il vischio rappresentava la morte, mentre fra i Celti era il simbolo della vita che trionfa sulla stagione morta. Il vischio è una pianta che è maestra nel costruirsi i suoi spazi vitali nei posti più impensabili è quindi merita proprio il ruolo di pianta “messaggera d’auguri” nel periodo natalizio. Ormai da anni la Stella di Natale (Euphorbia pulcherrima) è diventata un simbolo di questa festività, e se anche originaria del Messico dove cresce spontanea ed era considerata da indios e da aztechi il fiore simbolo di purezza, gran parte delle piante che circolano in Europa sono prodotte nelle serre dei vivaisti di Montevarchi. Il successo di questa pianta, che è una pianta tropicale e non sopporta temperature al di sotto di 15 °C è dovuto perché tanti anni fa, nel periodo natalizio fu addobbata la basilica di San Pietro a Roma. Non si deve confondere con la Rosa di Natale (Helloborus niger), una ranuncolacea dai fiori bianchi che sbocciano in pieno inverno. Il periodo natalizio è il periodo più bello dell’anno, un periodo dove la motivazione religiosa è la base di questa festa importante in tutto il mondo, ma che diventa ancora più bella con i paesaggi pieni di neve e con tutto quello che la natura in perfetta sintonia con le tradizioni popolari, sa offrire per rendere ancora più bello questo periodo.
Vannetto Vannini