Sentieri vietati alle moto: la posizione del C.A.I.

Comunicazioni

Vi segnaliamo un articolo su Valdarnopost nel quale viene ampiamente documentata la posizione del Club Alpino Italiano riguardo al divieto di percorrenza per moto enduro e quad.

L’articolo di Valdarnopost:

Dalla fine di agosto, con l’approvazione di un emendamento che vieta espressamente il transito di mezzi a motore su sentieri e mulattiere, si è aperto un duro confronto. L’Ancma, Associazione ciclo, moto e accessori, parla di potenziali perdite economiche nel settore. Il Cai però appoggia la proposta e aggiunge: “Il codice della strada, di fatto, già vietava il transito delle moto nella sentieristica. Anche perché i danni sono evidenti”

Si è riacceso dalla fine di agosto, un dibattito in realtà mai completamente sopito che vede contrapposte le posizioni di enduristi e crossisti, da una parte, e di coloro che nei boschi e sui sentieri non vorrebbero vederceli, dall’altra parte. A fine agosto, infatti, la Commissione parlamentare sui Trasporti ha approvato un emendamento al Codice della Strada (che deve ancora seguire l’intero iter legislativo, quindi) che punta a vietare espressamente il transito di mezzi a motore su sentieri, mulattiere e tratturi. 

Sarebbe la prima volta che il divieto viene espressamente contemplato. “In realtà – spiegano, per il Cai Valdarno, Maurizio Barlacchi e Mario Bindi – il Codice della strada, finora, non inserisce i sentieri e le mulattiere nell’elenco delle strade. Quindi, di fatto, questo implica che non è possibile transitarvi con mezzi a motore, nemmeno con l’attuale forma del Codice”. L’introduzione del divieto sarebbe insomma una formalità, secondo il Cai, Club Alpino Italiano, che in tutta Italia si occupa della manutenzione delle sentieristiche locali. 

“A nostro avviso – sottolineano i due rappresentanti valdarnesi del Cai – l’apertura alle moto da cross o enduro, ma anche ai quad per esempio, comporterebbe danni certi alla sentieristica, all’ambiente e alla fauna locale. Per questo siamo a favore di quel divieto, così come lo è il Cai nazionale d’altronde”. In Valdarno, i sentieri segnalati e sotto manutenzione del Cai coprono una rete di circa 340 chilometri, dalla Crocina all’Uomo di Sasso sulla montagna del Pratomagno, e dall’Ambra fino al Monte San Michele sul versante che guarda al Chianti. 

“Appassionati di motocross o di enduro frequentano queste zone, ne vediamo i segni lasciati sui sentieri, e spesso ci dobbiamo occupare del ripristino – raccontano – una delle zone più percorse con mezzi a motore, ad esempio, è quella del Pratomagno, sopra il crinale”. In passato, anche in Valdarno, ci sono stati blitz delle forze dell’ordine che hanno portato a sanzioni e denunce. “Ma ancora più importante – sottolineano i membri del Cai – sarebbe riappropriarsi, tutti, di una diversa cultura dell’ambiente, del bosco, dei sentieri come ricchezza collettiva. Sono di tutti, e per questo vanno preservati. Gli appassionati di motocross, a loro volta, possono sempre servirsi degli impianti appositamente dedicati”. 

Dall’altra parte, invece, ci sono le posizioni di chi questo sport lo pratica, e delle associazioni di produttori del settore. Nei giorni scorsi, a tal proposito, l’Ancma, ‘Associazione ciclo, moto e accessori, ha commentato con una nota l’emendamento al Codice della Strada. “Le modifiche al Codice della Strada rischiano di mettere in ulteriore difficoltà un settore che solo negli ultimi tre anni mostra cenni di ripresa. Il mercato nazionale delle moto da fuoristrada vale circa 117 milioni di euro: valore che rischia di essere bruciato nel caso in cui l’emendamento, presentato in Commissione Trasporti della Camera, dovesse arrivare al termine dell’iter legislativo”. 

“Non è chiaro il motivo per cui la Commissione Trasporti della Camera abbia deciso di approvare una misura così drastica e restrittiva della libertà personale – ha dichiarato Corrado Capelli, presidente di Confindustria Ancma – della quale valuteremo anche eventuali profili di incostituzionalità. Il settore dell’off-road è forse tra quelli più rigidamente disciplinati a livello locale: quello che manca, semmai, è una normativa nazionale che coordini e armonizzi le regolamentazioni adottate a livello locale. Inoltre – conclude – non ci risulta a oggi che tale attività abbia provocato significativi problemi o danni al territorio o abbia messo in pericolo o a rischio l’incolumità delle persone. Proprio per questo non comprendiamo la necessità di intervenire, imponendo limitazioni e veti, in una materia di questo tipo”. 

di Glenda Venturini

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