La Villa di Rendola

Castelli e Paesi a Montevarchi Castelli e Paesi in Valdarno In Valdarno

L’area di Rendola, posta a 292 metri sul livello del mare, che prende il nome dall’evoluzione della volgarizzazione in Rennola del latino Arenula e tardo-latino  Renula o “sabbia fine“, era attraversata da una strada già in periodo romano,(notare il quasi perfetto allineamento di Capannole, Tontenano, Torre, Rendola), che passava nella località Casalino.
Divenne importante, in età alto-medievale, con il crescere esponenziale dei traffici di merci e di persone che andavano e venivano tra la Valdambra e il Valdarno. Grazie alla posizione prosperò ma venne per lo più chiamata “villa”, raramente castello, nome forse dovuto per la presenza di qualche struttura adatta alla difesa. Era quindi un borgo aperto che, in origine, faceva parte del viscontado di Porciano, signoria dei conti Guidi. I Guidi, nel territorio della Valdambra, erano presenti fin dal XII secolo. Nel 1208, Guido Guerra V promulgò lo Statuto della Valdambra che creava e regolamentava il nuovo Viscontado che abbracciava anche la villa e il territorio di Rendola. Il feudo continuava però a gravitare nell’area di influenza aretina tanto che nel 1255 in un accordo, promise di pagare al Comune di Arezzo il consueto tributo a condizione che gli abitanti ed i suoi visconti fossero esentati da ogni altra tassa e imposizione e che, nei casi di aggressione ostile, fossero difesi dagli Aretini. Nel 1273 lo stesso Conte nominò un giudice, cittadino di Arezzo, di nome Ciampolo, come visconte delle sue terre di Valdambra, fra le quali si noverava anche, Rendola. Tra il 1320 ed il 1323 i conti Guidi vendettero, spinti dai debiti, alcune porzioni del viscontado della Valdambra. Con una serie di atti notarili alcuni membri della famiglia Tarlati si assicurarono, negli anni, numerose quote dei castelli dei Guidi in Valdambra e quindi anche di Rendola, ed in breve tutto il territorio passò nella potestà della grande famiglia aretina. Dopo la morte del fratello vescovo Guido, tutto passò sotto il dominio di Pier Saccone Tarlati. Non è facile delimitare l’area della corte di Rendola. Possiamo dire che nel XIV secolo si estendeva dai confini di Moncioni verso ovest arrivando, a nord, al limite nel corso del fiume Caspri e a sud-est nella strada che da Costa a Sala arriva alle Muricce, fino al borro della Maschera, finendo ad oriente al limite della collina di San Leonardo ai Monti. Verso est confinava con Caposelvi. La potestà durò fino a quando gli abitanti di Rendola, a seguito di una rivolta, nell’Ottobre 1335 si liberarono dal giogo feudale e chiesero di essere annessi e difesi dalla Repubblica Fiorentina che accettò. L’annessione fu poi convalidata il 28 maggio 1337 anche da Pier Saccone che con i fratelli e i figli cedettero i loro diritti su questo ed altri castelli del viscontado dietro pagamento di un riscatto di 20000 fiorini. Rendola allora, pur nominalmente territorio fiorentino, fu assegnata in signoria ai Firidolfi che la tennero fino all’Ottocento quando per matrimonio passò ai Ricasoli che, fino a tutto l”800, furono proprietari di una vasta tenuta e furono patroni della sua chiesa parrocchiale intitolata a S. Donato, suffraganea della pieve di Galatrona. La chiesa, molto rimaneggiata, è ad aula unica con abside sul fondo e risulta ribaltata rispetto alla descrizione presente nelle Piante di Popoli e Strade dei Capitani di Parte Guelfa del 1580-1595, mentre è nella posizione attuale nel Catasto Leopoldino dei primi dell’Ottocento come possiamo vedere nell’ultima immagine.

 

 

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