Su questa balza che si erge a nord di Terranuova Bracciolini si ergeva all’inizio del XI° secolo un castello. Il nome sembra di derivazione etrusca. I primi documenti che attestano l’insediamento nella zona sono del 1037, quando, come recita un atto notarile, “la quarta parte del castello di Pernina, comprese le case, la chiesa e i terreni della sua corte”, fu venduta da un certo Azzone di Grimaldo ad Adalasia di Petronio. Il castello era posto a guardia e difesa della strada che dal fondo valle arrivava a Loro. In effetti era una strada importante e ben quattro erano i castelli che svolgevano questa funzione. Oltre a Pennina: Cavi; Penna e Ganghereto, tutti appartenenti ai Guidi od a dei loro consorti. Apparteneva quasi certamente alla famiglia dei conti Guidi il successore di Azzone, che agli inizi del XII secolo fece annotare con cura, in un piccolo rotolo di pergamena, tutte le sue proprietà “che sono situate nella località che si chiama castello di Pernina”, compresi i censi e le prestazioni d’opera che ciascuno dei suoi soggetti gli doveva in cambio dell’uso di uno o più mansi, ossia di piccoli appezzamenti di terreno. Nel XIII° secolo questo Castello di Pernina è attestato come uno dei feudi de’conti Guidi come viene rammentato insieme con quello vicino di Cavi da Federigo II in un diploma del 1247 d’aprile spedito da Cremona a favore dei due fratelli Guido e Simone del ramo dei Conti di Battifolle e Poppi Le lotte fra guelfi e ghibellini nel Trecento si fecero aspre e ricorrenti, così la popolazione, stremata, cercò l’aiuto di Firenze. Il 6 ottobre 1336, come i circonvicini, anche gli uomini di Pernina, convocati nella piccola piazza del castello dal “rettore” Bruno di Nuto (erano presenti in trentasei), decisero di sottrarsi alla signoria del conte Guido di Battifolle e di entrare sotto il dominio fiorentino; Sebbene il feudo fosse restituito a Simone di Poppi per l’appoggio di quest’ultimo in favore del popolo fiorentino durante la cacciata del Duca d’Atene nel Dicembre 1345 , negli anni precedenti la popolazione non aspettò molto tempo per inurbarsi nella nuova “terra” di Santa Maria che era stata edificata dalla città di Firenze e a partire dal 1337 si trasferirono quindi a Terranuova dove, all’interno del quartiere loro assegnato, ricostruirono un’altra chiesa dedicata a Santa Maria (attualmente meglio conosciuta come Chiesa della Misericordia). Le mura e le case del vecchio borgo furono letteralmente “smontate” per ordine della Signoria e i sassi furono impiegati nell’edificazione della cinta difensiva del nuovo Castel Santa Maria; fu risparmiato solo il vecchio tempio, la chiesa del castello, che rimasta isolato sulla collina, continuò ad essere meta di numerosi pellegrini, che venivano ad ottenere indulgenze anche da località lontane. Alla fine del Cinquecento, il priore di Pernina Francesco Viti, “considerato che per li molti privilegi ci sono in essa chiesa, spessissimo è visitata da gran numero di popoli et che moltissime volte occorre che, per essere tanta piccola la chiesa, molti restano di fuora senza potere entrare in essa”, chiese un contributo al Comune per il suo ampliamento e, a ricordo dei lavori compiuti fece murare una piccola epigrafe in pietra serena al di sopra della porta d’ingresso. L’oratorio di santa Maria conserva ancora oggi l’impronta esterna datale dal Viti, col loggiato che lo circonda per tre quarti, mentre l’interno, a navata unica, fu ristrutturato qualche tempo dopo in forme barocche. Legate all’edificio sacro sono varie tradizioni religiose popolari come quella del “Santo chiodo”, oppure quella legata alla pietra concava posta di fianco alla porta d’ingresso, all’esterno: si dice che, se la si bagna con acqua lustrale e ci si appoggia la testa recitando una preghiera, si guarisce dall’emicrania. Sono scomparse invece tante testimonianze, anche pittoriche, relative a fatti miracolosi verificatisi per intercessione della Madonna di Pernina, come l’immagine di un cavaliere precipitato da una rupe e quella di una ragazza travolta dalle acque del Ciuffenna, ambedue usciti indenni dalla disavventura. L’immagine sacra della Madonna della Cintola, che si trova all’interno di una cornice ovale circondata da angioletti di stucco sopra l’altare maggiore, era un tempo nascosta da un velario e veniva “scoperta” durante le feste religiose principali.
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