CASA RURALE IN TOSCANA (3° PARTE)

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vendita_rustico_san_giovanni_valdarno_fornaci_3690109413088617880Per la Toscana l’anno 1737 è stato una data determinante, muore Gian Gastone, ultimo granduca mediceo e la Toscana passa sotto il dominio di Casa Lorena, un’antica nobile casata imparentata con gli Asburgo. Le condizioni dell’agricoltura toscana sono misere, come misere in genere sono le case rurali, dei tuguri malsani che di abitazione hanno veramente poco. Soprattutto il secondo granduca lorenese, Pietro Leopoldo I, inizia una politica indirizzata verso realizzazioni pubbliche di ospedali, scuole, bonifiche e la riorganizzazione e il rafforzamento dell’intero assetto territoriale di strade e ponti (ancora oggi fanno bella mostra di se le “colonne granducali”, come nelle nostre parti la Colonna del Grillo e quella di Laterina). Con i Lorena nasce nel 1753 l’Accademia dei Georgofili che quest’anno (2014) ha iniziato il 261° Anno Accademico. Essa fu creata appositamente per trovare coltivazioni idonee zona per zona e applicare in agricoltura i nuovi ritrovati tecnici del progresso e delle scienze. I Granduchi di Lorena, ovunque in Toscana, hanno lasciato una larga traccia nella storia e nel tessuto sociale della nostra regione, una traccia connotata dall’impronta riformista di questi governanti che abolirono la pena di morte, la tortura e l’inquisizione, in linea con lo spirito del secolo che fu chiamato “Secolo dei Lumi”. Nel 1769 in seguito ad una indagine sullo stato delle abitazioni rurali fatta nella Fattoria di Altopascio, facente parte delle “Possessioni della Corona”, Pietro Leopoldo rimase impressionato dalle condizioni disumane di vita di tanti suoi contadini, per cui emanò una direttiva per risolvere i loro problemi abitativi. Questo provvedimento segnerà l’inizio della questione delle case coloniche che per oltre cinquant’anni vedrà coinvolti architetti, agrari, amministratori pubblici, proprietari, religiosi e politici. D’altra parte, questo era un problema già dibattuto all’Accademia dei Georgofili, tanto che verrà pubblicato un libretto dell’ing. Ferdinando Morozzi che aveva per titolo “Delle case dei contadini – Trattato architettonico”, un testo scaturito dalla volontà di organizzare le casa colonica allo scopo di razionalizzare la produzione del podere, assicurando al tempo testo la salute e il benessere della famiglia contadina. In questo libretto, il Morozzi, prende in considerazioni tanti fattori come l’esposizione favorevole della casa, la posizione idonea all’interno della proprietà, ampiezza, ubicazione delle stalle, della cantina, del granaio, della rimessa degli attrezzi, la facilità dell’approvvigionamento idrico, la luminosità, l’ampiezza e la posizione della cucina e delle camere…, il tutto per creare una casa funzionale. morozziL’ing. Morozzi dirà che “si possono migliorare di più le case dei contadini, non per il lusso e per la magnificenza, ma affine di togliere alle medesime tanti errori, che sono molto funesti non solo alla vita dei medesimi contadini, quanto ancora di pregiudizio notabile all’interesse di chi possiede, che non ricava dalla possessione quel frutto compensativo, che egli si lusinga cavare”. La certezza del Morozzi è che si potevano benissimo coniugare fini umanitari e fini produttivi con una architettura migliore e più razionale della casa colonica e su questa base avrà inizio un periodo proficuo per l’edilizia rurale toscana, in quanto da quel momento la casa colonica sarà il frutto di una rigorosa progettazione architettonica. Il modello per realizzare le nuove case per i contadini viene preso dalle case padronali, molte delle quali ville costruite nel XVI secolo nelle campagne toscane che in genere sono costruzioni compatte a forma cubica con nel centro una piccionaia o torrino. Altre case con un torrino ai due angoli della facciata principale e con uno o due ordini di loggiati centrali si rifanno ancora di più ad un preciso tipo di ville rinascimentali che soprattutto nel senese richiamano l’architettura delle ville di Baldassare Peruzzi e nel fiorentino quelle di Bernardo Buontalenti. Il Morozzi, con il suo piccolo trattato ebbe il pregio di essere il primo a portare in campo la questione della abitazione rurale nel contesto di maggiore comodità e più produzione agraria del podere; da quel momento chi costruiva una abitazione rurale non poteva esimersi di tener conto delle sue raccomandazioni. La proprietà terriera toscana accolse con pareri diversi queste novità di architettura colonica, alcuni proprietari, soprattutto latifondisti, fecero sue le idee del Morozzi e le raccomandazioni dei tecnici dell’Accademia dei Georgofili e allora sorsero, specialmente nelle nostre zone, quelle bellissime coloniche in mezzo ai cipressi e circondate da viti, olivi e spesso in posizione dominante e soleggiata, che fanno ancora oggi così bella la nostra campagna e sono che conosciute come “case leopoldine”. Il proposto Ignazio Malenotti, fautore della logica georgofila del rinnovamento edilizio, definiva  “…avveduti, quei proprietari terrieri fortemente attaccati ai principi salutari della sempre crescente civilizzazione, che hanno edificate le loro nuove case coloniche in una forma la più lodevole, corredandole di tutti i comodi”. Numerosi però furono i proprietari terrieri che si opposero alla filosofia portata avanti dall’Accademia dei Georgofili non tenendo in nessun conto delle miserevoli condizioni abitative dei mezzadri, oltre che per una forma di capitalismo selvaggio, in molti proprietari era radicata la convinzione che la famiglia mezzadrile non dovesse vivere nelle comodità. Le innovazioni portate avanti dal Granduca tramite i Georgofili ebbero un percorso lento, tanto che per velocizzarlo ed invogliare i possidenti, nel 1784 Pietro Leopoldo I emanò una legge che prevedeva il rimborso della quarta parte della spesa a tutti quei proprietari che avessero costruito o restaurato le case coloniche secondo le direttive stabilite dall’Accademia dei Georgofili, che altro non erano che le considerazioni espresse dall’ing. Morozzi. L’inizio del XIX secolo ha portato poi in tutta Europa l’avvento una rivoluzione agraria, avente come scopo l’incremento dei valori produttivi, realizzato mettendo in atto tecniche nuove di coltivazione, nuovi strumenti e colture nuove che procureranno, anche in Toscana, un notevole accrescimento delle rendite ed un conseguente incremento degli investimenti per il miglioramento abitativo dei coloni a mezzadria. Questo principalmente primi decenni del 1800 e soprattutto nelle provincie di Firenze, Arezzo e Siena, tanto che le molte, bellissime case leopoldine che coronano la nostra campagna portano date che vanno dal 1790 al 1830. La nuova casa rurale o le vecchie case torri inglobate in grandi edifici nuovi, sono espressioni di quella storia contadina che, con sudore, sapienza e fatica, ha creato uno dei paesaggi più belli del mondo. Non c’è distacco fra la casa rurale e il nostro paesaggio di campagna, tutto è integrato benissimo e tutto è in perfetto equilibrio, un patrimonio comune che costituisce un insieme di valori per tutti. Ѐ un piacere ammirare il paesaggio toscano, un piacere della stessa specie e natura di quello che sentiamo quando ammiriamo un’opera d’arte.

Vannetto Vannini

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