BITURIHA (Levane)

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Una delle ragioni che rendono difficile la definizione del tracciato della Via Cassia ed hanno sempre da un lato appassionato storici e ricercatori, dall’altro ne hanno reso molto dubbie le conclusioni, è stato il problema della identificazione e del posizionamento di Bituriha. Questa località è indicata nella “Tabula Peuntigeriana”, la pergamena (che riproduciamo qui sotto) dove sono rappresentate le strade romane, datata 3° secolo dopo Cristo.

Dalla grafica della Tabula si nota che nell’attraversamento della Val di Chiana le strade che vengono in Valdarno sono due mentre, dalla posizione indicata come Umbro Flumen, verso Firenze,  diventano una sola. La più orientale delle due precedenti passa da Adretio (Arezzo); l’altra non tocca questo municipio romano ma entra in modo diretto in Valdarno. Noi siamo convinti di aver individuato il luogo dove era posta la mansio di Bituriha e qui di seguito ve lo indicheremo a conferma del fatto che la Consolare Cassia passava proprio nella pianura valdarnese affiancando il fiume Arno.

Nel 1978 Alvaro Tracchi, indica le ragioni della sua convinzione che non vi sia una strada consolare in pianura lungo la riva sinistra dell’Arno nel tratto Valdarnese esponendo questo motivo fra altri (meno importanti):

Stanziamenti romani. Sono frequenti in tutto l’altopiano, ciò che invece fino ad oggi, non si è riscontrato nella bassa pianura (anche Figline romana era sulle colline). E’ vero che si può supporre un riempimento del fondovalle in epoca altomedievale a causa di eccezionali inondazioni, ma in tal caso appare strano il fatto che, nonostante le continue escavazioni, nessun elemento sia finora riaffiorato”.

Come vediamo si chiama in causa la mancanza di reperti archeologici ma dobbiamo negare questa condizione indicata da Tracchi. Possiamo ricordare il sito archeologico de “La Rotta” vicino a Figline di indubbia epoca etrusca, oppure gli splendidi mosaici della villa trovata in località “Le Pievi” a Laterina, ma soprattutto, durante gli scavi archeologici protrattisi per svariati anni nei primi anni novanta è venuto alla luce, come abbiamo prima accennato, un importante sito archeologico presso Levane, posizionato nei dintorni dell’attuale Chiesa di Santa Maria della Ginestra. Riportiamo alcune frasi dettate dalla Sovrintendenza per i beni archeologici della Toscana (19):” L’area indagata in numerose campagne di scavo ha restituito i resti di un pagus (notare, non un vicus) databile tra il 3° secolo avanti Cristo ed il 1° secolo dopo Cristo, oltre ad una struttura muraria con probabili funzioni di drenaggio ed abbondanti resti di coperture relative ad edifici di carattere abitativo, con elevati in materiale deperibile, dei quali restano anche tracce di piani d’uso e di cottura e frammenti ceramici pertinenti a vasellame da mensa e da cucina. Sono stati scavati due pozzi per l’approvvigionamento idrico dell’abitato. La Sovrintendenza inoltre ha potuto recuperare alcuni nuclei di materiali rinvenuti nella zona in varie occasioni, connesse a quelli venute in luce durante lo scavo, che attestano la presenza di altri nuclei abitativi sparsi nelle colline circostanti l’altura maggiore”.

Uno dei due pozzi

Noi abbiamo, più che la sensazione la modesta convinzione che, per la posizione del sito, per l’ampiezza dei ritrovamenti e per la datazione fattane dalla Sovrintendenza, si debba convenire che siamo sul luogo di Bituriha. E’ vero che dalla datazione del 1° secolo dopo Cristo alla datazione della tavola Peutingeriana passano due secoli, che non sono al momento documentati, ma questa cesura temporale ci sembra superabile per due motivi. Il primo è dato dal fatto che la datazione limite al 1° secolo dopo Cristo deriva dagli studi finora compiuti che non erano guidati anche da una visione sulla possibilità di una durata più longeva del sito ma anche dal fatto che invece sappiamo che su quel sito vi è stata una continuità di presenza umana fino dall’alto medio evo quando vi era presente il primo castello di Leuna. Si può prendere quindi con una ragionevole possibilità la convinzione che la cesura temporale sia solo una mancanza momentanea di evidenze documentali che potranno essere reperite con ulteriori ricerche. Tutto questo ci porta a confrontare la situazione sul terreno con la grafica della Tabula Peutingeriana. In questa, come detto,  si vedono due strade che convergono ma, pur non toccandosi, arrivano nelle vicinanze di un fiume. Al di la del fiume è posta la mansione di Bituriha. Tra questa ed il fiume vi è un tratto di strada non quotato in miglia. Abbiamo già accennato, ma vi torneremo sopra, della convergenza della Cassia proveniente da Arezzo con il nuovo tratto proveniente direttamente dalla Val di Chiana nella zona di Poggio Bagnoli, guarda caso vicino all’Arno, luogo che era collegato al fiume da breve distanza e dove, fin da tempo immemorabile, si poteva attraversare il fiume (con ponte o meno). Inoltre il sito archeologico indicato come Bituriha si trova al di la del fiume Ambra, (ritorna il parere di Tracchi ma non a Capannole sebbene a Levane), è posto dove avevamo posizionato il passaggio della strada consolare e concorda con quanto graficamente si vede sulla Tabula.

Ci siamo chiesti per quale ragione questa località non abbia fatto scattare una attenzione verso questa mansione che fino ad ora restava un piccolo mistero. La ragione che crediamo di vedere è che gli archeologi che vi hanno lavorato erano convinti dell’interpretazione del Tracchi sulla dislocazione delle vie romane e quindi non pensavano di essere sul tratto della consolare. Infatti, sempre riprendendo un altro brano dalla descrizione del sito eseguita dalla Sovrintendenza si legge: >>”caratterizzata da un ampio piano sommitale e da una ricca falda acquifera la collina di Monteleoni è situata in una posizione particolarmente favorevole allo stanziamento umano; era lambita in antico dal percorso viario che attraversava la Val d’Ambra (collegando la valle dell’Arno con l’alta valle dell’Ombrone a sud e la Val di Chiana ad est) e, scendendo verso il guado di Levane si raccordava con altri percorsi di mezzacosta che univano gli insediamenti dislocati sull’altipiano a sinistra dell’Arno collegando la Val di Chiana a Firenze”<< (viene da chiedersi come e cioè collegandosi, crediamo che fosse la loro opinione, alla “Cassia Adrianea”).

Certamente saranno necessarie delle verifiche a questa nostra tesi ma riteniamo che se questa fosse convalidata, insieme alla definizione della posizione di “Riofino” che sta ad indicare la “ad fines sive casas caesarianas” dell’Itinerarium Antonini, saremmo di fronte a due indicazioni fondamentali per definire una volta per tutte il tracciato della Cassia. Per un approfondimento rimandiamo al nostro lavoro sulla Consolare romana

Lorenzo Bigi

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