La pieve di San Vincenti

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La chiesa è documentata fin dal VII° secolo, in un documento del 715, quando il suo nome era Basilica Sancti Vincenti in fundo Bonuspagis, come chiesa dipendente dal baptisterium di Altaserra. Immagine102Le testimonianze del documento si riferiscono alla plurisecolare contesa tra la diocesi di Arezzo e quella di Siena per il possesso dei  territori e principalmente dei beni delle chiese, come di quella di Altaserra ed altre site nel territorio senese che, essendo poste al confine delle due diocesi, furono oggetto di interessi convergenti da parte di queste due vescovati. Pur se per molti anni, in varie circostanze, fu gestita dalla diocesi senese, la chiesa di San Vincenti, come le altre, furono sempre riconosciute formalmente alla diocesi aretina da vari giudizi delle autorità cattoliche. Immagine103Il termine “pago” del nome indica l’antica organizzazione territoriale romana, cioè un territorio a carattere rurale delimitato da confini. Il termine “pagus” deve essere anche fatto coincidere con il concetto di “villaggio”che naturalmente doveva essere presente nelle vicinanze della chiesa. Secondo la tradizione sarebbe stata fondata da Servando vescovo di Arezzo e all’inizio dell’VIII° secolo sarebbe stata ingrandita da Luperizano, anche lui vescovo aretino, il quale vi consacrò due altari dedicati rispettivamente a San Quirico e a San Lorentino. Poco dopo il Mille presso la chiesa aveva sede un ospedale, ma solo nel 1083 è attestata come pieve, cioè aveva un fonte battesimale, in un documento che riporta una donazione di alcuni terreni alla Badia di San Lorenzo a Coltibuono, ratificato appunto nel sito della Pieve. La titolazione a San Vincenti sta a indicare un deciso richiamo alla missione di evangelizzazione della chiesa cristiana verso i Longobardi ariani, richiamando la vicenda del martirio del santo Vincenzo avvenuto in Spagna nel IV° secolo. La chiesa presenta un impianto basilicale a tre navate ed una  sola abside semicircolare e mostra sia esternamente che all’interno i resti del paramento murario originale in filaretto di pietra alberese, bellissimo. Nelle fiancate laterali esterne non presenta nessuna apertura e solo nell’abside è posta una monofora, che non si ritrova poi all’interno. La facciata oltre al portale di accesso, sormontato da una lunetta architravata, presenta una sola apertura costituita da una bifora che è anche l’unica fonte di luce per l’interno. Immagine105In facciata sono visibili alcune mensole in pietra, probabilmente vennero realizzate per un portico che poi non venne costruito. Il campanile, ben conservato, è costruito in semplici forme, con quattro finestre monofore che si aprono sulla cella campanaria. Le campate delle navate sono di misure diverse: i primi e gli ultimi valichi sono di ampiezza molto ridotta; le archeggiature poggiano su semplici pilastri a sezione quadrata ma si distingue una colonna della navata sinistra, circolare. Nel presbiterio i pilastri hanno addossata una semicolonna e sono sporgenti verso le navate minori, come se dovessero sorreggere delle archeggiature trasversali poi non realizzate. Da notare che gli archi di valico del presbiterio sono stati realizzati in laterizio a differenza di tutto il resto dell’edificio fatto con filaretti di alberese. Immagine104All’interno si conservano alcuni affreschi frammentari della fine del Trecento e un bel fonte battesimale del 1714. Il luogo è da visitare, la chiesa è avvolta in una serie di costruzioni che denotano il loro carattere a difesa della struttura religiosa.

 

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