La cipria profumata di violetto delle nonne nella nostra montagna

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Oggi per produrre un profumo o una qualsiasi cosa profumata,  come era la cipria che usavano le nostre nonne sia per farsi belle che  per profumare le vesti o i panni riposti freschi di bucato, non è più necessaria la conoscenza dei ritmi della natura, della delicata e a volte complessa alchimia delle piante. Oggi la parola  profumo richiama alla mente un flacone   “costoso” ripieno di liquido o polvere  prodotto  in un impianto e poi in  laboratorio chimico. Il profumo non ha più il fascino di una volta, non rappresenta più un aspetto gentile e gradevole di quella  natura per molti aspetti ai più sconosciuta, ma ha assunto un significato diverso perche ha il richiamo comune e  un po’ mistificatorio dei prodotti infilati frettolosamente nel carrello,  comprati  in massa al supermarkett.

Dalla via dei Setteponti fino ai paesini più alti del Pratomagno, le nostre nonne, mamme e fidanzate ricavavano dalle “galle “ di giaggiolo  stagionato di tre anni  e grattato  con la grattugia e con una raspa una polvere bianca finissima, soprattutto impalpabile e molto odorosa di violetto. Un odore forte di viola  che non svaniva subito ma resisteva nel tempo perché proveniente dall’essenza contenuta nello stesso giaggiolo che nei laboratori di cosmetici veniva e viene  usata proprio come “fissatore” per impedire al profumo di altri prodotti vegetali di evaporare in fretta, nel giaggiolo la stessa essenza fissatrice di altri profumi  è lei   anche profumo. Con questa polvere profumata e finissima le nostre nonne oltre che usarla come  profumo personale per  “far girare la testa “ ai  nostri nonni, veniva usata  come polvere aromatica in diversi usi. Le polveri aromatiche di giaggiolo costituivano un mezzo molto economico tanto per dare un buon odore alla biancheria riposta nei cassetti dopo il bucato, quanto per tenere lontani gli insetti e le tarme da cassetti e armadi.

Per i sacchetti di polveri aromatiche da infilare nella biancheria, occorreva usare delle essenze il cui profumo avesse  una continuità nel tempo e senza alcuna alterazione. L’essenza profumata di violetto,  che scaturisce ancora dalla polvere impalpabile di giaggiolo è sempre stata l’ideale e costituisce ora  un ricordo  forte e bellissimo nei  paesi della nostra montagna, in quanto usata anche in maniera un po’ “civettuola” fino agli anni ’60 del secolo scorso prima  dalle nostre nonne, mamme  e poi  dalle nostre fidanzate.

                                                                               Foto e testo di Vannetto Vannini

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