La casetta o capanna del Chiappino al Prataccio m.1222 –

Loro Ciuffenna Terre Alte Valdarno

Cesare Venturi detto il Chiappino (vedere Terre Alte) è ancora ricordato nella nostra montagna; è rimasto un mito e nel mito rimane anche la sua casetta al Prataccio  sopra a Rocca Ricciarda, chiamata “Casetta del Chiappino”  dove i suoi mandriani si fermavano per la lavorazione del formaggio. In effetti  la casetta o capanna era una “ malga”, forse l’unica, o una delle poche malghe  del Pratomagno.

È situata a quota1222 m. su un pianoro con vedute bellissime sul Valdarno e  si raggiunge dalla Rocca R. con un ‘ora di cammino, percorrendo in salita un sentiero disagiato,  che noi chiamiamo “sentiero del Chiappino”. Può essere raggiunta anche con il “ Sentiero della Dondola”. È segnalata sulla  vecchia carta dell’IGM 1:25000  e di conseguenza anche nella Carta del Pratomagno edita dal CAI.

Marisa Panti Berretti, nipote del Chiappino” e tutt’ora abitante a Poggio di Loro, nel suo libro “ La Transumanza vissuta dai protagonisti “, edito nel 1999 e che ha avuto il patrocinio del Comune di Loro Ciuffenna, a pag 29 scrive:

È stata l’unica  casetta indicata nella mappa catastale, nel 1988 vennero su a Poggio di Loro i ragazzi delle scuole alla ricerca della CASETTA DEL CHIAPPINO con una mappa catastale in mano del 1945!!!  Mio marito Stefano Berretti, ed io ci meravigliammo perché la Comunità Montana, o le  guardie forestali non abbiano fatto in modo di ricostruirla. Era veramente una bella casetta tutta in pietra con dentro camino, acquaio e rapazzola (1)  con  materasso, con la sua finestra e la porta. Questa casetta serviva per la lavorazione del formaggio e della ricotta, vi abitavano i mandriani che la sera radunavano il gregge e dall’alto della montagna calavano giù al Prataccio, per la munta ed eseguire il lavoro della pastorizia. Poi il gregge veniva lasciato un po’ a riposo per la       mungitura, perché il bestiame era gravido e aspettavano la nascita dell’agnellino. Quindi questa casetta è stata un simbolo della pastorizia, fa storia e cultura del passato ed è l’unica della nostra montagna. Anche il presidente del CAI di Montevarchi, circa tre anni fa fece una escursione alla Casetta del Chiappino, tutt’ora rammentata perché da sempre fa storia.

Noi del CAI siamo passati molte volte dalla Casetta del Chiappino  che oggi è un rudere (vedere foto fatte recentemente) che non rende minimamente l’idea dell’importanza, nella zona, di quella capanna. Alcuni anni fa, con” Quelli del Martedì” scendevamo a Poggio di Loro, e io che ero in compagnia dell’attuale  presidente CAI  Mauro Brogi, riconobbi sulla porta di casa la signora Marisa Panti Berretti  autrice del libro “ La Transumanza”  e di altre pubblicazioni  come “ Cesare Venturi, detto il Chiappino e “Poggio di Loro, un paese da fiaba”. Mi fermai, presentandomi e  presentando il presidente CAI e, con la signora, parlammo a lungo del Chiappino, della Rocca R., della vita di montagna  e   della  Casetta del Chiappino  che la signora  non poteva mai dimenticare e che ci disse, sperava che un giorno potesse essere ricostruita  per poterla fare usufruire a tutti quelli che  amano e frequentano la nostra bella montagna.

 

 

 

 

 

 

 

 

1)      Rapazzola. – ( Anche il linguaggio di montagna fa parte del programma “Terre Alte”) :

Effettivamente questo termine mi ha incuriosito,  intuendo subito che è una di quelle parole arcaiche di un linguaggio di montagna  e  oggi completamente in disuso. Non ho trovato niente su Internet e solo su un  vocabolario di italiano su tre ho trovato  un rigo di spiegazione.  La spiegazione completa ed esauriente l’ho trovata su un altro  libro edito a Firenze nel 1996 facente parte della collana “ Quaderni della Rilliana” della Bibblioteca Rilliana di Poppi e acquistato recentemente a Stia. Il Libro si intitola “ LE PAROLE RITROVATE, terminologia rustica di Poppi nel Casentino”    autore Grazia Grechi Aversa. A pag  147 si legge che il termine “rapazzola” indica “un giaciglio rudimentale che usano pastori e carbonai nelle capanne di montagna dove alloggiano durante l’estate. É formato da uno strato di paglia su un graticcio appoggiato su pali conficcati nella terra del pavimento, oppure da frasche, ginestre e felci ammucchiate sopra una piccola catasta di legna.  La parola, di fonetica non toscana, si potrebbe ricollegare  al sett. rapa “ ruga, grinza” (tosc. rappa) nel senso di giaciglio rugoso e poco comodo”. Una spiegazione simile   di “ rapazzola” si trova inoltre anche nel “Vocabolario Aretino” di Piero Benigni  edito nel 2010 e nel  “Vocabolario  Amiatino “ di Giuseppe Fatini  edito nel 1953.

La 1° e 2° foto sono state riprese dal libro “ La Transumanza”, quelle dello stato attuale della “casetta” dal sottoscritto.

Testo di Vannetto Vannini