La Badia di San Salvatore a Soffena

In Valdarno Pievi e Opere d'Arte Pievi e Opere d'Arte a Castelfranco/Pian di Scò

Nell’alto Medioevo sul sito dell’attuale Badia era presente un castello che apparteneva alla famiglia degli Ubertini di origine longobarda. Immagine77Il castello faceva parte, con altri castelli, di un sistema di controllo della “sette ponti” , una delle due arterie che fin dal tempo degli etruschi congiungevano Fiesole e poi Firenze con Arezzo. La Badia fu costruita nel secolo XI° ed ebbe il patrocinio iniziale degli Ubertini, mentre dipendeva canonicamente dall’Abbazia di Santa Trinita in Alpi in Casentino. Nel 1090 il Papa Urbano II° cita la Badia in una bolla a favore della congregazione dei monaci vallombrosani. Con il Pontefice Martino V° nel 1425 il monastero viene inserito nel priorato di Vallombrosa. In quegli anni furono eseguite vaste ristrutturazioni e miglioramenti, mentre le pareti della chiesa vennero affrescate.Immagine78 Alla fine dei lavori, che terminarono nel 1436, la Badia ebbe un priore titolare ed un abate che percepiva le rendite del patrimonio che, a quei tempi, doveva essere cospicuo. Nel 1700 la chiesa subì “l’imbarocchimento” che era pratica usuale di quegli anni, registrando non pochi danni agli affreschi che in molti casi vennero scalpellati e coperti da intonaco e stucchi. Nel 1779 il Granduca Leopoldo I° ordinò la soppressione degli ordini religiosi e quindi anche della Badia che venne venduta a privati. Cominciò così un’inarrestabile declino che si protrasse fino agli anni dell’ultimo dopoguerra quando, a cominciare dalle iniziative di un gruppo di cittadini di Castelfranco, il complesso fu acquisito dallo Stato e riscattato con un restauro mirabile, compiuto negli anni dal 1960 al 1968, dal suo abbandono di locali adibiti a magazzini e stalle. La chiesa, come quasi tutte le Badie, è a navata unica a croce latina. Dal momento che si doveva uniformare alla logica dell’Abbazia di Vallombrosa, ne assunse anche i caratteri architettonici che regolavano quel monastero. Nella croce del transetto era posizionata, all’inizio, una cupola a pianta ottagonale di cui rimangono alcune tracce di muro che sono state evidenziate dal restauro. In seguito il soffitto è stato coperto con volte a crocera, come ancora oggi si vede. Un’idea di come fosse stata ci può essere fornita dalla Badia a Roti.Immagine79 Gli affreschi alle pareti sono un corpo unico eccezionale perché documentano la scuola quattrocentesca di San Giovanni. Infatti sono di Masolino da Panicale, amico di Masaccio, di Paolo Schiavo, allievo di Masolino, del Maestro del Cassone Adimari, che non è altro che “Lo Scheggia”, cioè il fratello di Masaccio, e di Mariotto di Cristofano, cognato di Masaccio. Il Monastero naturalmente aveva anche il chiostro che affianca ancora la chiesa, con le colonne di arenaria che sorreggono le volte a crocera.Immagine80 Al secondo piano gli archi ribassati sostengono una tettoia sotto, la quale prendevano posto le celle dei monaci