Il Conte Libri, ladro di libri.

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Fra gli antichi detti (proverbi) che una volta erano abbastanza comuni nella montagna del Cocollo e zone limitrofe e che sono svaniti  con la scomparsa della popolazione nata negli ultimi decenni del secolo XIX, c’è quello riferito al conte Libri, personaggio molto conosciuto, discusso e preso dal popolo come termine di riferimento per chi ha l’abitudine di appropriarsi delle cose altrui. Infatti fino ai primi anni del secondo dopoguerra era facile sentire questi paragoni: “ Sei più ladro del Libri” oppure “ Hai rubato più del Libri” e anche “ Sei stato a scuola dal  Libri”. Il Libri in questione era Guglielmo Libri (1803-1869), Il Conte Librifacente parte di quella nobile famiglia che fu proprietaria fin dal secolo XV  della grande fattoria di Poggitazzi e della adiacente villa,  edificate sulle rovine di un antico insediamento fortificato. La dinastia Libri rimase viva a Poggitazzi fino al 1939, anno della morte della Contessa Melania Libri  Graziani (tutt’oggi ancora rammentata), che pur essendo figlia di Niccolò Libri, sposo della contessa Teresa Graziani di famiglia nobile valtiberina, aveva mantenuto il cognome sia del padre che della madre.La Chiesa di Poggitazzi

 Il nome completo del conte Guglielmo Libri era  “Guglielmo Bruto Icilio Timoleone Libri Carucci della Sommaja” e tutt’oggi oltre che un “ladro di libri” è ancora considerato uno dei più grandi matematici italiani e un appassionato bibliografo tanto da rubare volumi in tutte le biblioteche d’Europa. A metà del XIX secolo fece sparire libri rarissimi, migliaia di autografi, inventò formidabili falsificazioni e mise in atto truffe clamorose mai compiute da un uomo solo ai danni di archivi e biblioteche pubbliche in Italia, Francia, Olanda e Inghilterra e gran parte d’Europa. Era intelligentissimo e molto portato per la matematica tanto che nel 1823, a soli 20 anni fu nominato professore di Fisica e  Matematica all’Università di Pisa,   il che gli consentì di frequentare  ancora più liberamente  librerie e archivi.  Aveva ereditato dal padre, personaggio molto discutibile e sciagurato, le idee giacobine e per questo fu allontanato dalla Toscana nel 1831.  Divenuto cittadino francese fu nominato professore prima alla Sorbona poi al Collegio di Francia, nelle cui biblioteche si appropriò di  preziosissimi, introvabili manoscritti sostituendoli con ristampe recenti delle medesime opere. In questo periodo fu insignito della massima onorificenza d’oltralpe “La Legion d’Onore” e pubblicò in quattro volumi una importante opera intitolata “Storia delle Scienze Matematiche in Italia dal Rinascimento al XVII secolo”. Il conte Libri, a onor del vero, anche se pochi qualche libro lo aveva acquistato, in quanto aveva una rete di procacciatori e informatori sparsi per tutta Europa e grazie alla sua competenza e a un innegabile fiuto per gli affari, la sua biblioteca diventava sempre più vasta e ricca. La biblioteca del conte in questione accoglieva non soltanto opere di matematica, ma anche di astronomia, botanica, letteratura, testi classici, tutte edizioni rare e preziose, manoscritti miniati di  pregio, autografi letterari antichi e moderni e alla fine del 1840 aveva una consistenza di circa 30.000 volumi sceltissimi e duemila manoscritti. Ad un certo punto però il conte dovette giustificare la provenienza di tutte quelle rarità librarie e fu allora che  mise in moto un sistema di immaginazione e dissimulazione tale che insieme a legatori e falsari mutò copertine, aggiunse ai libri firme di proprietà inesistenti, falsificò timbri, compilò false fatture di acquisto, ricevute e passaggi di proprietà da biblioteche immaginarie….. La bellissima collezione adunata nel suo elegante appartamento alla Sorbonne in Saint’ Andrè  des Arts suscitò incredulità e invidie e nel 1848 fu accusato pubblicamente di aver sottratto manoscritti e volumi a diverse biblioteche francesi. Il conte  allora riempì frettolosamente  diciotto casse con libri fra i più preziosi  che rappresentavano una minima parte di quello conservato nel suo appartamento e le spedì in Inghilterra e il giorno successivo 28 Febbraio 1848 attraversò la Manica, non facendo più ritorno in Francia dove nel 1850 fu condannato in contumacia  a dieci anni di lavori forzati. Nel 1857, grazie all’aiuto di amici influenti e della moglie, riuscì a rientrare in possesso di circa 15.000 volumi rimasti in Francia. In Inghilterra, sebbene arrivato “senza un soldo” visse una vita agiata dovuta alla vendita all’asta dei suoi tesori librari  sul mercato antiquario inglese, basti sapere che in sole due aste grandiose organizzate nel 1861, riuscì ad ottenere oltre un milione di franchi, cifra enorme per quell’periodo.Pietra

Le vicende giudiziarie legate al conte Libri  furono un “affare internazionale” che divise l’opinione pubblica tra “innocentisti” e “colpevolisti”: a giurare sulla sua onestà scesero in campo uomini come Niccolò Tommaseo e Giuseppe Mazzini.

Nel 1867 si ammalò e rientrò in Toscana, nascondendosi e cercando di far dimenticare il suo nome, ci riuscì, perché la sua morte avvenuta  nel Settembre 1869 a Fiesole passò inosservata e senza clamore;  fu sepolto nel Cimitero delle Porte Sante di Firenze. Al momento della sua scomparsa  non possedeva più neanche un libro.

Dopo la sua  morte sia il governo francese che quello italiano riuscirono ad entrare in possesso di diverse opere sottratte e reintegrando così per una certa misura le biblioteche depredate.

In un bellissimo articolo su questo ladro di libri, pubblicato dal quotidiano “Il Foglio”  alcuni anni fa, si legge che l’ultimo ritrovamento di materiale trafugato dal conte Libri  è avvenuto in una piccola biblioteca della Pensylvania, l’Haverford College, in cui il responsabile delle collezioni speciali, John F. Anderies, ha reso noto che nelle biblioteca del College è stata rinvenuta una lettera  del filosofo e matematico Renè Descartes (Cartesio), indirizzata il 27 Maggio 1641 all’amico Marin Mersenne. Era stata donata alla biblioteca dell’Hoverford College nel 1902 dalla vedova di Carlo Roberts, un raffinato collezionista di autografi. Della lettera si erano perdute le tracce dalla prima metà dell’Ottocento, cioè da quando, insieme ad altre settantuno missive, sempre di Cartesio, era stata trafugata dall’Istitut de France, a Parigi. Le altre  sono ancora “custodite” in  luoghi ignoti, salvo una individuata in una collezione privata. L’Hoverford College ha signorilmente restituito la lettera all’Istitut de France.

Il ricordo  di questo personaggio legato per famiglia alla nostra terra e  alla nostra montagna, dove la fattoria di Poggitazzi, possedeva fino a pochi anni fa estesi territori, con il passare del tempo si è quasi completamente appannato , rimane nella memoria ancora di alcune persone anziane che  tramandano, nei proverbi popolari  una antica tradizione orale.Villa

Stemma

  Testo e alcune foto di Vannetto Vannini