Il Castello di Moncioni

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Il Repetti dice che Moncione (posta a 529 metri slm.) e Moncioni (genitivo di Moncione) nel Val d’Arno superiore erano due villaggi vicini che costituivano una sola comunità con due chiese: S. Maria a Moncione e S. Marco, (la seconda nel catalogo delle chiese della diocesi fiesolana chiamata nel 1299 come “de Pocis”); Santa Maria sotto la diocesi di Arezzo, San Marco sotto la diocesi di Fiesole, entrambe dell’antico piviere di Cavriglia, nella Comunità e Giurisdizione di Montevarchi.

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Immagine4  Tanto il castello di Moncione quanto il villaggio di Moncioni  che in seguito prese il nome di San Marco, risiedono sul fianco settentrionale di Monte Luco, a levante di Montegonzi, sulla destra del borro Rimaggio, e lungo la strada che da Montevarchi si porta nel Chianti. Il Castello di Moncioni è ricordato in un documento del 25 marzo 1084 presente nell’archivio della Badia di Coltibuono, rogato in Moncione da Pietro notaro, nel quale si tratta della vendita di alcune case e vigne. A quel tempo Il Castello apparteneva ai marchesi del Monte S. Maria e di Pietrella che discendevano dai “Marchiones” aretini. Infatti nell’ottobre 1098, il Marchese Enrico figlio del marchese Ugo e nipote di altro Marchese Enrico, trovandosi infermo nel Castello di Pierle, fra le altre disposizioni testamentarie, lasciò alla di lui nonna, contessa Sofia, la sua porzione del castello e corte di Montevarchi, il castello e corte di Leona, (Levane) e il castello di Moncione, con quanto teneva in quello del Tasso. In seguito il possesso del castello passò come feudo ai conti Guidi, e come tale lo qualificano i diplomi di Federico I° Barbarossa del 1164 rilasciato a Guido Guerra II° e di Federico II, dopo quasi un secolo, nel 1220. Moncione, nel 1247, venne affidata infatti da Federico II° a Guido Novello e al conte Simone detti “da Battifolle”, figli illegittimi di Guido Guerra, per poi evidentemente essere ceduta al ramo dei Guidi di Dovadola. Ne era feudatario Marcovaldo di Dovadola, figlio del Conte Ruggiero, quando questo cospirò contro la Repubblica Fiorentina insieme con un altro nobile, messere Piero di Gualterotto de’ Bardi. E proprio per questo delitto, con sentenza del 3 dicembre 1336, furono, quei due magnati, condannati in contumacia alla pena della testa e alla confisca dei loro beni fra i quali fu compreso appunto il castello di Moncione. Ritornato nella potestà della famiglia per una delle tante giravolte della politica trecentesca, nell’ottobre del 1336 Moncione si ribellò ai Guidi approfittando della rivolta degli altri castelli vicini, come quelli di Ganghereto e Barbischio, contro la cattiva amministrazione dei conti[ e in particolare contro quella di Guido di Ugo da Battifolle per il “male reggimento che ‘l giovane facea a’ suoi fedeli d’opera di femmine, e ancora per sodducimento e conforto di certi grandi popolari di Firenze reggenti e nemici de’ conti”. Nel 1344 la Signoria di Firenze restituì Moncione di nuovo ai Conti Guidi per i buoni servigi resi dal conte Simone II di Battifolle alla causa della Repubblica, essendosi recato in città con 400 soldati per partecipare alla cacciata del Duca D’Atene. Ma le turbolenti vicende di Moncioni non finirono qui. L’ 8 aprile 1419 fu ucciso a Montevarchi da Albertaccio de’ Ricasoli e i suoi sgherri, il conte Guido da Moncione (rampollo dei Conti Guidi e signore del castello), e quindi Filippo Carducci, Vicario di San Giovanni, assediò il castello, dove si erano rifugiati gli assassini, con 500 uomini poi diventati 1000 grazie ai rinforzi inviati dal conte Guido da Poppi. Dopo la resa degli assediati, nello stesso anno Albertaccio, per riparare al torto, cedette Moncioni a Firenze che rimase alla Signoria in via definitiva. Infatti nel balzello imposto nel 1444 dal Comune di Firenze a tutti gli abitanti del contado e distretto fiorentino il popolo di S. Maria a Moncione fu tassato per fiorini sei tra quelli del piviere di Cavriglia del contado fiorentino. Da una relazione del 23 dicembre 1562 si viene a sapere che la chiesa di S. Maria a Moncione era di padronato granducale e pagava ogni anno, a titolo di censo, due libbre di cera allo Stato. Nel 1639 questa chiesa parrocchiale passò dalla giurisdizione vescovile della diocesi fiesolana a quella aretina, dal momento che fu effettuata la permuta con la chiesa prepositura di S. Andrea a Cennano, ceduta dal vescovo d’Arezzo a quello di Fiesole. Giungendo nel Borgo si avvista una torre campanaria che faceva parte dell’antica cinta muraria. L’ingresso al borgo è ancora obbligato dalla vecchia porta castellana. L’attuale chiesa parrocchiale, oggi  intitolata alla SS.Annunziata e già riportata, come abbiamo detto, sulle piante dei Capitani di parte con il titolo S.Maria Assunta. Nei dintorni del paese, all’interno del parco di una villa privata si trova il Pinetum, un giardino botanico progettato e realizzato da Giuseppe Gaeta, mentre all’inizio del paese è posizionata villa Sassolini.

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